Per evitare equivoci si precisa che la presentazione dei libri è spesso ripresa da quella degli editori o dei presentatori quando indicato.
Laurent Binet, HhhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich, Torino, Einaudi, 2011, pp. 346, € 20.00.
Ha il ritmo incalzante del thriller lo straordinario romanzo di genere storico HHhH[1], ambientato in una Praga fredda e piovosa, occupata dai tedeschi. Il titolo è impronunciabile e quindi l'opera può anche essere identificata con il suo naturale sottotitolo: Operazione Antropoide.
Il libro narra i fatti che realmente accaddero tra il marzo 1938 ed il giugno del 1942, in Boemia.
L'autore, il francese Laurent Binet, all'esordio assoluto, è capace di uno stile fresco ed originale, fatto di frequenti richiami alle sue meticolose ricerche per realizzare l'opera. La lettura è agevolata dalla scelta di spezzare il romanzo in innumerevoli capitoletti, alleggerendone così la densità senza comprometterne le emozioni. Nitidissima appare già dalle prime pagine la situazione di émpasse politica in cui piomba l'Europa dopo le iniziali fasi dell'"Anchluss". La guerra deve ancora scoppiare, ma la Germania ha annesso la Slovacchia, che resta formalmente libera perché collaborazionista e la Repubblica Ceca, occupata militarmente. Il governo è fuggito in esilio con l'élite dell'esercito al seguito.
A capo del protettorato di Boemia e Moravia Hitler chiama Reinhard Heydrich, la "Bestia bionda", giovane ed astuto collaboratore di Himmler e già direttore della Gestapo. Questi dal castello di Praga terrorizza la regione con vessazioni, ricatti, torture ed omicidi. La resistenza partigiana interna è in breve liquidata. Il governo ceco al riparo a Londra dal canto suo è troppo debole per pretendere un intervento inglese a porre fine alle carneficine in patria.
Heydrich, intanto, suona il violino, frequenta assiduamente i bordelli e stermina i suoi nuovi sudditi. E lo fa così bene da venir chiamato a progettare la ben più ampia “Soluzione finale”.
Sarà quindi con una missione segreta, denominata "Operazione Antropoide", che il governo ceco tenta di fermare il “mostro” e ridarsi dignità con gli alleati. Due parà , Jan Kubis e Jozef Gabcik, uno ceco e uno slovacco a rappresentare l’unicità di un popolo, aviotrasportati da Londra, si lanceranno nel buio cielo di Praga con un solo obiettivo: uccidere Heydrich. Prima ancora però dovranno cercare le famiglie che li ospiteranno clandestinamente fino al programmato incontro col despota. Una missione impossibile, anche perché, i due, Praga non l’hanno mai vista. A raccontarla bene ci pensa invece lo stesso autore, che del mondo boemo conosce ogni sfumatura avendo vissuto per anni tra Bratislava e la capitale ceca.
Riuscirà il commando ad assassinare il governatore del Protettorato, l’uomo dal cuore di ferro, come lo stesso Hitler definì Heydrich dopo averlo conosciuto?
L'autore racconta i fatti come una cronaca, fino all'ultimo alito di vita dei due martiri, crivellati dai colpi dei nazisti nella cripta della chiesa dei Santi Cirillo e Metodio. Al lettore, Binet lascia però il compito di trovare la risposta, che suona come una sentenza, al dilemma supremo: Kubis e Gabcik eroi nazionali o criminali? Avrebbero dovuto costituirsi ed andare al patibolo da eroi, o fuggire lasciandosi dietro una scia di rappresaglie ed esecuzioni sommarie?
Raffaele Polella
[1] HhhH è l'acronimo tedesco di Himmlers Hirn heißt Heydrich, cioè «il cervello di Himmler si chiama Heydrich».
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Alberto LEONI
Il paradiso devastato – Storia militare della Campagna d'Italia
Edizioni Ares, Milano 2012 (€ 19,50)
Avevamo letto su un quotidiano un'intervista con l'Autore e, colpiti da alcune sue dichiarazioni sul comportamento dei soldati sia italiani sia degli altri eserciti durante la campagna d'Italia, abbiamo voluto cercare il volume e leggerlo con comodo.
Quello che ci ha colpito era ed è il fatto che – a differenza della vulgata secondo la quale i soldati italiani non combatterono, quelli tedeschi commisero solo atrocità , quelli alleati erano angeli e, infine, che la guerra in Italia venne combattuta e vinta solo dai partigiani – l'Autore ha voluto e saputo mettere nella giusta luce molti aspetti spesso trascurati, per non dire ignorati, di quel lungo e tragico biennio che sconvolse la nostra terra dalla Sicilia fino alle Alpi.
L'Autore inizia con un primo capitolo interessantissimo, nel quale tratteggia il "carattere" italiano dell'epoca e, in particolare, quali fossero l'atteggiamento e la preparazione propriamente militare e poi sociale, psicologica ed economica della popolazione, delle forze armate e dei maggiori responsabili sia militari sia politici.
Alcune considerazioni dell'autore sono forse opinabili, ma comunque esposte con una chiarezza ed una pacatezza che costringono al rispetto delle stesse e, in qualche caso, ad una "revisione" delle proprie convinzioni resa necessaria dall'evidenza dei fatti.
Particolare attenzione viene prestata – sempre nel primo capitolo - alle tragiche vicende relative all'armistizio o, meglio, ai due armistizi, quello "breve" e quello "lungo", firmati da persone diverse in momenti diversi e senza che le une fossero a conoscenza di ciò che stavano facendo le altre.
Leggere queste pagine, per quanto sine ira et studio, provoca ancora oggi un insopprimibile sentimento di umiliazione e vergogna per quanti, anche se allora non erano neppure nati, "attribuiscono ancora un valore alla storia del proprio Paese" (citazione dall'Autore) né hanno ripudiato l'orgoglio della propria italianità .
Nei successivi otto capitoli viene esaminata la storia del biennio, a cominciare dallo sbarco in Sicilia.
Vengono minuziosamente esaminati ed illustrati tutti i fatti ed i retroscena degli stessi; vengono ricostruiti tutti gli scontri, dai più importanti a quelli meno noti e dimenticati.
Degno di nota è il fatto che, a differenza di quasi tutti gli altri testi fino ad oggi consultati, vengono ricordati moltissimi atti di valore compiuti dai soldati degli eserciti impegnati, e non più e non solo quelli dei vincitori o di una delle parti in campo.
L'Autore cita innumerevoli esempi di eroismo, compiuti da soldati di tutte le bandiere, fino ad oggi sconosciuti o, quel che è peggio – almeno per noi italiani – dimenticati.
Particolare attenzione viene posta nell'illustrare l'operato dei combattenti italiani dei fronti opposti: da una parte il risorto Esercito che combatté a fianco degli Alleati; dall'altra, i cosiddetti "Repubblichini" che, volenti o nolenti, si trovarono a combattere sul fronte opposto, a fianco dei tedeschi.
Da ultimo, troviamo finalmente una storia della Resistenza e dei suoi combattenti scritta senza pregiudizi ideologici di sorta, che permette di scoprire e comprendere molti eventi ignorati o misconosciuti e molti protagonisti, dei quali non avevamo mai sospettato la partecipazione a fatti che spesso sembrano incredibili.
L'Autore ha il pregio di non nascondere od esaltare meriti degli uni e demeriti degli altri; illustra eroismi e viltà senza alcuna iperbole: giustamente esalta gli eroismi e altrettanto giustamente denuncia e condanna duramente gli errori senza adottare mai il comodo alibi della "Causa".
Per concludere, riteniamo che questo libro dovrebbe essere diffuso il più possibile, non solo nelle scuole, per far conoscere un periodo storico ormai poco noto ai più, poco frequentato e ancor oggi troppo spesso descritto solo in base a ideologie presenti o passate.
Come ultima nota segnaliamo quelle che, a nostro avviso, sono tre carenze: la prima riguarda la mancanza di un indice di tutte le unità impegnate nelle operazioni belliche; la sua presenza avrebbe certamente facilitato il lavoro dei ricercatori e dei cultori della materia.
La seconda – attribuibile forse ad una scarsa confidenza con la terminologia militare o ad una frettolosa revisione del testo in sede di stampa – è quella relativa all'indicazione della tipologia delle unità tedesche.
Infatti, a parte qualche indicativo numerico sbagliato, abbiamo spesso trovato unità meccanizzate indicate come corazzate (e viceversa) o di fanteria leggera; ciò può portare, per i meno esperti, ad un fraintendimento dei rapporti di forza esistenti.
Ad esempio, la 15^ Divisione Panzergrenadier viene citata come unità corazzata, mentre la 90^ Panzergrenadier viene citata come unità leggera. In realtà la prima fu certamente un'unità corazzata, ma solo durante le operazioni in Africa Settentrionale, perché quando fu ricostituita in Sicilia divenne un’unità meccanizzata, cioè solo parzialmente corazzata. La leggendaria 90^ "leichte" (leggera), fu tale in Africa Settentrionale, ma quando fu ricostituita in Sardegna divenne anch’essa – come la 15^ – meccanizzata.
La terza riguarda i nomi degli “attori” grandi e piccoli della Campagna d’Italia. Il fatto che, ad esempio, il nome di un personaggio molto noto come quello del Feldmaresciallo Kesselring sia costantemente trasformato nel testo in Kesserling fa dubitare che anche altri nomi meno conosciuti possano essere stati trascritti in modo sbagliato.
Sono peccati veniali, che nulla tolgono al valore dell'opera, ma confessiamo che ci hanno costretti ad un ancor più attento esame del testo e ad un controllo dei dati.
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Alfio Moratti e Amos Conti
Dal Cusna al Po, nel deserto, in mare, in cielo.
Soldati reggiani in Libia 1911-1918
Istoreco (Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea), Reggio Emilia, 2012.
I due autori, entrambi non professionisti ma prestati alla storia militare, in quanto il primo è medico chirurgo ed il secondo dirigente di un’azienda di servizi pubblici, si qualificano però non soltanto come degli appassionati o dei dilettanti, ma come due validi e competenti storici esperti della materia trattata. Il loro scopo è quello di raccogliere, a cent’anni di distanza, le vicende umane dei soldati reggiani mobilitati fra il 1911 ed il 1918 in Tripolitania e Cirenaica (il nome di Libia, sebbene già universalmente usato, fu ufficializzato soltanto nel 1934 con l’unificazione delle due regioni e dei due governatorati in un’unica colonia).
Il volume in questione si occupa dunque di un frammento – per così dire di uno scorcio – di storia militare nazionale ma, tutto sommato, la Storia con la S maiuscola non si compone forse degli infiniti frammenti di storia, con la s minuscola, locale? Ed il patrimonio storico di una nazione non si fonda anche sui patrimoni storici delle sue singole città e dei loro abitanti?
Dal primo sbarco della Regia Marina a Tripoli il 5 ottobre 1911 al dicembre 1918 vissero e si batterono, sulle sponde africane del Mediterraneo e nei deserti dell’immediato entroterra, 2.500 giovani reggiani e della provincia, ed in sette anni di combattimenti 140 di loro risultarono dispersi o vi persero la vita per ferite o malattie. Dei reduci e rimpatriati dalla Libia, altri 250 caddero poi sui fronti della Grande Guerra.
I due autori ne ricostruiscono la storia e la cronaca attraverso una davvero diligente ricerca di fotografie edite e inedite, carte militari, foto private, lettere di combattenti e articoli di stampa. Nella loro ricostruzione compaiono così tanto i nomi degli Ufficiali provenienti dalle più illustri famiglie reggiane, come i Bongiovanni od i Tassoni (il Generale Giulio Cesare Tassoni diventerà Governatore della Tripolitania), quanto quelli dei semplici e sconosciuti soldati, bersaglieri o marinai.
Contemporaneamente il volume pone l’accento sui nuovi e perfezionati mezzi tecnologici della guerra moderna sperimentati in terra libica: l’autocarro, il telegrafo, la mitragliatrice, il cannone da campagna a tiro rapido e, soprattutto, il dirigibile e l’aeroplano per la ricognizione e il bombardamento tattico.
Lo spaccato della guerra Italo-turca vissuta e vista attraverso gli occhi, le lettere ed i ricordi dei giovani reggiani desta un interesse particolare in quanto, nel primo decennio del secolo, quella provincia era incontestabilmente “rossa” e il partito socialista nelle sue due anime – turatiana e massimalista – entrambe, anche se a diversi livelli, contrarie alle imprese coloniali, guidavano il capoluogo e la maggior parte dei comuni. Il socialismo emiliano era alimentato dal recente passaggio dall’economia rurale al nascente capitalismo industriale, di cui le officine meccaniche Reggiane erano il fiore all’occhiello. Proprio nel 1911 la provincia di Reggio si distinse, ad esempio, per la tiepidissima partecipazione al cinquantenario dell’Unità d’Italia, che al contrario venne entusiasticamente celebrato a Torino, Milano e Roma.
Quando poi, nel settembre di quello stesso anno, si diffuse la voce di un’imminente spedizione militare in Libia preparata dal ministero Giolitti, scoppiarono immediatamente tafferugli fra nazionalisti e socialisti, a cominciare da quelli del 19 settembre alla Sala Verdi. Il 22 seguì lo sciopero generale con manifestazioni d’intolleranza da parte di socialisti e di sindacalisti rivoluzionari. Altre violenze si accesero il 27 alla partenza dei richiamati del 1888 e delle reclute reggiane del 1891, violenze che si verificarono anche in ogni città emiliana e romagnola e che a Forlì, ad esempio, portarono all’arresto di Mussolini e Nenni, che nella locale stazione ferroviaria cercavano di fermare le tradotte.
La posizione nettamente ostile all’impresa di gran parte della cittadinanza reggiana era peraltro ben rappresentata dal quotidiano locale “La Giustizia” e dal sindaco Luigi Roversi che addirittura, nel 1913, si rifiutò polemicamente di partecipare alle cerimonie per il ritorno dei reduci. Può destare meraviglia, ma in realtà non più di tanto, che dei soldati portatori di tali ideologie anti colonialiste e pacifiste, ben diversi dai volontari eo dai nazionalisti, si siano poi distinti per il loro comportamento in guerra, meritando il conferimento, in totale, di una Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, quattordici Medaglie d’Argento al Valor Militare e quindici Medaglie di Bronzo al Valor Militare, oltre a diversi Encomi Solenni.
La guerra Italo-turca, cominciata il 3 ottobre 1911 con il bombardamento dei forti tripolini e con lo sbarco, due giorni dopo, di 1.732 marinai agli ordini del Capitano di Vascello Umberto Cagni, si concluse ufficialmente l’anno successivo con il Trattato di Losanna del 12 ottobre 1912. Il volume di Moratti e Conti ne ripercorre diligentemente tutte le tappe, quasi giornata per giornata, combattimento per combattimento, a cominciare da quelli di Sciara Sciatt e di Henni del 23 e 26 ottobre, ma il maggior numero di caduti reggiani, di decorazioni conferite e di episodi crudeli e brutali, vennero successivamente, a pace conclusa, specialmente tra il 1915 ed il 1918, durante la grande rivolta araba. In quegli anni infatti una estenuante e feroce guerriglia costrinse gli italiani a tenere in Libia, nonostante il conflitto contro l’Austria-Ungheria ai confini orientali, almeno quattro Divisioni in armi, riuscendo a stento a mantenere la linea costiera del Gebel e le città di Tripoli e di Homs ma perdendo il Fezzan.
Dal Cusna al Po può essere dunque letto anche come un’utile opera di storiografia militare, che ripercorre analiticamente tutti gli episodi della Campagna di Libia, anche se questi di volta in volta sono introdotti dall’io di qualche combattente reggiano che vi ha assistito. Di particolare interesse il breve capitolo dedicato ad uno scacchiere piuttosto trascurato dalla bibliografia militare: quello della “Terza piccola guerra”, o “Guerra dietro le quinte”, come fu definito. Si tratta del teatro di guerra nel Mar Rosso e nello Yemen, rammentato attraverso la lettera da Massaua di un marinaio pubblicata dal “Corriere di Reggio” e da alcune lettere di un caporal maggiore d’artiglieria. La “Terza piccola guerra” si accompagnava a quella in Tripolitania e Cirenaica, al bombardamento di Beirut ed alle operazioni nell’Egeo e nei Dardanelli, vide operare nel Mar Rosso le Regie Navi Volturno, Aretusa e Staffetta e fu condotta nella più rigorosa segretezza, allo scopo di fomentare la guerriglia anti turca nello Yemen, anticipando di quattro anni le imprese del Colonnello Thomas Lawrence, più noto come “Lawrence d’Arabia”.
Ad una di queste missioni partecipò il caporal maggiore Arrigo Moratti, un volontario reggiano che, partito da Napoli il 9 marzo insieme ad altri 11 artiglieri sulla R.N. Verbano, consegnò ad un ribelle yemenita della città di Gizan alcune migliaia di fucili e sedici pezzi d’artiglieria di vario calibro, da 120 a 87 mm. Queste operazioni di contro guerriglia erano tese ad arrestare o almeno a limitare l’invio di aiuti turchi attraverso il Mar Rosso e l’Egitto all’insurrezione araba che, nonostante i nostri sforzi, sarebbe scoppiata invece virulenta nel 1915.
Il volume che, ripeto, è godibile anche sotto l’ottica più complessa della storia militare, e non solo di quella della cronaca militare, è corredato da numerose appendici biografiche dedicate ai comandanti reggiani, ai combattenti divisi località per località , alle motivazioni delle decorazioni.
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A.
Giorgi
CRONACA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE 1939-1945
Tutti
i principali avvenimenti militari e politici riportati giorno per
giorno
Finalmente una cronaca, giorno per giorno, del Secondo conflitto mondiale. Dall'attacco tedesco alla Polonia il 1 settembre 1939 al disarmo delle ultime unità giapponesi nell'autunno del 1945. Il libro passa in esame gli eventi significativi su ogni fronte, in ogni ambiente (terrestre, navale e aereo) e sotto ogni aspetto: militare, politico, tecnologico, di intelligence, dei crimini di guerra. In coda alla cronaca vera e propria una serie di corpose appendici che costituiscono parte integrante dell'opera: note biografiche e circostanziali raggruppate per anno di guerra; un indice dei nomi raggruppato per nazioni completo e dettagliato; una sezione dedicata a dati statistici di ogni genere, dalla produzione industriale alla consistenza delle forze, dalle perdite materiali e umane, l'analisi comparata dei costi dei sistemi d'arma per valutare le capacità dei progettisti e l'efficienza dei diversi sistemi industriali. Un'opera tra la cronaca retrospettiva e il dizionario enciclopedico in una sintesi senza precedenti, che beneficia dell'apertura degli archivi governativi degli ultimi decenni.
374
pagine f.to 17x24 cm rilegato in brossura con cucitura. Copertina in
carta lucida plastificata.
Foto in b/n all'inizio di ogni
capitolo/sezione, esclusivamente di provenienza dei National Archives
o della Library of Congress USA.
Euro 28,00
Ordinabile per
corrispondenza direttamente all'editore Editoriale Lupo di Ponte a
Vicchio (Firenze) all'e-mail raidit@timenet.it e alla
info@editorialelupo.it o al tel. 055-8497514 o sul modulo presente
sul loro sito web www.editorialelupo.it ,
a Albertelli Edizioni
Speciali di Parma, richiedendolo all'e-mail info@tuttostoria.it o al
tel. 0521-292733, oppure on-line sul loro catalogo Tuttostoria
www.tuttostoria.it.
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Questa volta segnaliamo due libri dell'Italia Editrice che si distinguono per la ricchezza della documentazione inedita.
Riteniamo che non dovrebbero mancare nella biblioteca di chi si occupi della storia del secolo appena scorso ed in particolare della II Guerra mondiale. Il primo è¨ basato sulle memorie del Generale di Polizia Fernando Soleti, il secondo ricostruisce la storia della PAI, la Polizia dell'Africa Italiana: In entrambi i volumi si trattano argomenti che hanno inciso non poco sugli avvenimenti della nostra guerra civile e dell'evoluzione politica delle nostre colonie.
"Gran Sasso d'Italia 1943
MUSSOLINI
Prigioniero a Campo Imperatore"
Dal
libro:
...Uscito il gen. Student, l'ufficiale interprete mi
richiese la mia pistola, domandai allora se dovevo considerarmi
prigioniero, non mi dette risposta e mi tolse la pistola dal
cinturone. Io potrei però conservare su di me altra pistola nella
tasca anteriore dei pantaloni, e che perciò era sfuggita alla
attenzione del tedesco. - ...Benché impedito nei movimenti ebbi
tuttavia la possibilità di estrarre la pistola che conservavo nella
tasca dei pantaloni. Il mio gesto fu però fermato a metà e fui
disarmato. Alle violenze di cui fui oggetto dopo questo mio atto,
assistevano alcuni ufficiali aviatori tedeschi... Chi racconta
questi fatti è il generale della Polizia Fernando Soleti nel suo
memoriale inedito fino ad oggi. Ma oltre a questo tentativo di
suicidio? di Soleti, altri particolari saltano fuori nel variegato
mosaico"? di Campo Imperatore: la irreperibilità di Senise e di
Cerica, il parziale silenzio di Gueli, il nascondiglio di Senise in
via Tasso, ecc. ecc. Quanti sono ancora i dubbi e le contraddizioni
sui fatti abruzzesi del 12 settembre 1943? E quanti di questi dubbi
si possono collegare alla discussa resa di Roma? avvenuta tre giorni
prima?
Autore:
Giuseppe Quilici
Formato: 17x24 cm
Pagine: 288
Prezzo
24,00 euro
Illustrazioni: Fotografie e documenti
dell'epoca
Rilegatura: Brossura cucita filo refe con copertina
plastificata
ISBN: 978-88-95038-59-9
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Raffaele Girlando
PAI
POLIZIA AFRICA ITALIANA 1936-1945" storia-uomini-gesta
I EDIZIONE 2013 - RIVEDUTA CORRETTA E AMPLIATA
La Polizia dell'Africa Italiana fu, per l'epoca in cui nacque, si sviluppò e fu soppressa, un Corpo in anticipo sui tempi in quanto ad organizzazione, armamento e motorizzazione. Nata subito dopo la guerra d'Etiopia, fu organizzata rapidamente a cura di un gruppo di Ufficiali superiori dello Stato Maggiore con unitarietà di pensiero e di mezzi che le conferirono completa autonomia nei riguardi delle altre forze armate. La sua breve ma intensa vita si intrecciò con le vicende storico-politiche italiane e dopo aver partecipato al conflitto inquadrata nei reparti del Regio Esercito, si trovò coinvolta con fatti di estrema importanza quali la partenza dei Sovrani e del Governo Badoglio verso il Sud, la difesa di Roma contro i tedeschi e il periodo di Roma "Città aperta". Successivamente, ricostruita nella Repubblica Sociale Italiana con il nome originale di "Polizia Coloniale Italiana", ne seguì le sorti mantenendosi fedele in nome della legge.
Autore:
Raffaele Girlando
Formato: 21x28 cm
Pagine: 618
Prezzo:
89,90 euro
Illustrazioni: 855 foto e 41 documenti
Rilegatura:
Cartonata con sovraccopertina plastificata
ISBN:
978-88-95038-36-0
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Purtroppo dobbiamo convenire che il titolo con cui ci è pervenuta la comunicazione della Salerno editrice è perfettamente appropriato e non possiamo che invitare alla lettura di questa ultima fatica di Andrea Santangelo che ci è caro avere tra i nostri collaboratori.
La più grande sconfitta militare della storia italiana
Ci
sono paesi che hanno fondato la propria identità culturale su una
sconfitta, altri che vivono i rovesci subiti come la spinta decisiva
per la vittoria finale. La storia militare italiana è costellata,
invece, da sconfitte che hanno generato soprattutto sterili
controversie e deplorevoli scaricabarile.
Questo
libro ricostruisce una sconfitta che non viene mai ricordata, al
punto che non ha nemmeno un preciso nome di luogo con cui
identificarsi, ma è nota fra gli specialisti sulla base del nome in
codice che gli Inglesi, nel dicembre 1940, diedero alla loro
offensiva contro la 10a Armata di Graziani in Libia, Operazione
Compass. Si tratta di una sconfitta di dimensioni così grandi e
umilianti, per il modo in cui è avvenuta, che dovrebbe quasi
prendere il posto di Caporetto nell'immaginario collettivo italiano.
Potrebbe tranquillamente diventare il paradigma stesso della
sconfitta vergognosa e senza attenuanti. Ma il tracollo e la resa
della 10a Armata italiana in Libia, se per un verso è l'esito
emblematico ancor più della coeva, disastrosa guerra di Grecia o
della più tarda spedizione dell'ARMIR in Russia dell'impreparazione
alla guerra dell'Italia fascista, per altro verso si affianca a
Caporetto come disastro da cui l'esercito italiano seppe imparare,
ponendo riparo alle mancanze più evidenti e raggiungendo quei più
elevati standard di combattimento. Stavolta, pera, diversamente da
quel che era accaduto nella Prima Guerra Mondiale, la Storia non
diede il tempo di imparare la lezione fino in fondo.
Andrea
Santangelo, è direttore editoriale di collane
storico-archeologiche e si occupa da sempre di storia militare. Tra
le sue pubblicazioni Tre anni di guerra in Africa Settentrionale
(Imola 2007) e un centinaio di articoli per riviste e siti web
specialistici.
edizione:
Volume di 13x20 cm in brossura
autore: Andrea Santangelo
titolo:
Operazione Compass
12,00
isbn: 978-88-8402-784-9
Collana
diretta da Alessandro Barbero
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Di Filippo Lombardi segnaliamo un libro per ricordare un eroe dimenticato della Grande Guerra, l'ultima guerra per l'indipendenza italiana.
In
questo volume si ripercorre infatti la vicenda di Fabio Carniel, un
giovane irredento triestino che, dopo essere espatriato
clandestinamente per arruolarsi volontario nell'Esercito Italiano, si
diede volontariamente la morte sul monte San Gabriele il 14 maggio
1917 per non cadere vivo nelle mani degli austriaci.
La sua
figura è stata rivisitata attraverso approfondite ricerche
storiografiche che si sono anche avvalse delle lettere inviate alla
famiglia e del diario rinvenuto dopo la guerra fra i suoi effetti
personali.
L'autore esercita la professione di medico psichiatra
e di psicopatologo forense a Piacenza.
Da sempre appassionato
collezionista di militaria e ricercatore di storia, nel corso degli
anni ha pubblicato oltre 15 volumi e decine di articoli apparsi sulle
più prestigiose riviste del settore. Dal 2010 fa parte del Comitato
Scientifico della rivista "La Grande Guerra".
Un
eroe triestino. Fabio Carniel nelle lettere e nel diario di guerra
80
pp., diverse foto in b/n, 17 x 24 cm, 12,00
Per ogni informazione: marviaedizioni@marvia.it
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Ecco un bel libro in formato elettronico di cui abbiamo tre autorevoli recensioni dei proff: Edward N. Luttwak, Piero Pastoretto e Raimondo Luraghi
Gennaro Tedesco, L'Italia meridionale peninsulare nella storiografia bizantina secc. VI-XIV,
e-book, Media Aetas 5, Collana di Studi Medievali, Fregene, Edizioni Spolia, 2010.
Gennaro Tedesco nasce innanzitutto come un uomo di scuola e della Scuola. Ex docente dei licei, esperto a livello nazionale di didattica e soprattutto didattica della storia, autore di un numero straordinario di interventi su riviste specializzate e sul web, sia nel settore specifico di cui si interessa, sia, più in generale, nello stato (certo non felice) in cui versa attualmente l'ordinamento scolastico italiano, attualmente presta la sua opera presso l'ANSAS-NTL, Agenzia Nazionale per Lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica - Nucleo Territoriale della Lombardia - Milano (ex IRRE-Lombardia ) .
Ma Tedesco è anche uno storico meridionale (è nato a Salerno) che avanza un'interessante tesi di fondo, tanto condivisibile quanto paradossalmente poco diffusa in ambiente nazionale: l'influenza greca nel Meridione della Penisola non può considerarsi un hortus conclusus con i lunghi secoli di dominazione romana e la creazione di una sorta di koiné greco-latina; al contrario essa riprende e si diffonde gagliardamente dalla formazione dell'Impero bizantino sino almeno al secolo X, lasciando retaggi culturali, sociali e politici (oltre che linguistici, di costumi e di monumenti architettonici) tutt'ora vivi e operanti nelle regioni meridionali della nostra Nazione.
Se dunque vorremo sapere autenticamente chi siamo e chi siano le popolazioni del nostro Mezzogiorno, non basterà contemplare i templi di Agrigento o di Paestum, e neppure visitare i musei di Taranto o Siracusa, ma occorrerà soprattutto conoscere la storia dell'Impero Romano d'Oriente, indissolubilmente intrecciata con la storia patria dell'Italia Peninsulare; rilevandone così i secolari contatti, gli intrecci politico-religiosi e, per dirla in una parola, le matrici storiche e culturali che legano indissolubilmente la Penisola meridionale a Bisanzio. Contatti che, per aggiunta alla derrata, divennero tanto più vivaci ed incisivi, quanto più andavano rarefacendosi quelli con la cultura latina ormai esangue e sempre più barbarizzante che proveniva da Roma. Una città ormai più estranea alle popolazioni dell'antica Magna Grecia, per lingua, costumi ed istituzioni, di quanto non lo fosse Bisanzio.
Di questo interessante e poco apprezzato aspetto Gennaro Tedesco si è già specificamente occupato in passato nella sua pubblicazione Una Rivoluzione in Occidente. L'Italia meridionale bizantina nella storiografia più recente, Roma, 2000, oltre che in numerosi articoli alcuni dei quali sono pubblicati sul dominio arsmilitaris della SCSM.
Dall'introduzione che precede si conclude che Gennaro Tedesco è uno dei pochi storici italiani specializzati in bizantinistica, un settore troppo trascurato sia nella scuola che nelle nostre università , mentre è ben più coltivato all'estero, dove ad esempio il professor Luttwak costituisce un'autorità internazionale. E soprattutto si evince che l'Autore ha una propria tesi di non indifferente spessore, da portare avanti e da dimostrare con la sua opera che stiamo proponendo.
Tale innovativo orientamento prospettico, che considera la storia di Bisanzio non come estranea, ma come viva e operante nella storia della seconda metà del primo millennio della nostra Penisola, richiede tuttavia una preventiva diffusione della cultura e della storia bizantina tra il poco informato pubblico italiano.
A questo scopo è appunto indirizzato il presente e-book, per il quale l'Autore ha però scelto uno schema espositivo del tutto personale. Uno schema in cui, anziché affrontare i rapporti tra i Cesari d'Oriente ed il Meridione con un approccio tediosamente storicistico, egli raccoglie un'eccellente antologia bizantina (nel senso greco del termine, poiché sceglie non soltanto gli autori, ma anche i passi) di voci storiche, cronachistiche e letterarie, per la maggior parte non ufficiali, che scrivono, commentano, polemizzano e disquisiscono intorno ai problemi del limes occidentale dell'Impero.
Un argomento tematico di tale impegno, cioè i rapporti sempre vivi ma contrastati tra Costantinopoli e l'Italia meridionale, può essere infatti letto attraverso la mediazione ed il commento sapienti dello storico, oppure direttamente vissuto nelle pieghe delle testimonianze autentiche dei contemporanei, consapevoli più di noi di ciò che stava accadendo, ed in grado perciò di ricavarne giudizi, giusti o sbagliati che fossero.
Nel caso di questo lavoro del prof. Tedesco,, il fruitore è chiamato a vivere, plus quam legere la storia. Non è un compito facile per il lettore, in quanto si tratta di un vissuto che non non si adagia sulla preventiva e limpida linearità della penna dello storico, il quale, da competente, si incarica di sbrogliare le matasse più intricate. Qui invece il fruitore diventa un interprete che deve discernere e discriminare tra un dibattito polifonico e caleidoscopico generato da tutta una serie di passi, spesso contraddittori, spesso palesemente di parte, proposti dal compendiatore con il semplice sussidio, sempre gradito, di un commento introduttivo per ogni capitolo; pregevole e chiarificatore senz'altro, ma pur sempre sintetico, in modo da lasciare volutamente il massimo spazio alle voci dei contemporanei. Si tratta dunque di un vissuto e di un vivente che richiedono, a chi li affronta, non soltanto una preventiva conoscenza almeno sommaria della storia bizantina, ma anche una "marcia in più" " come si direbbe oggi " o l'esercizio di uno concreto ésprit de finesse, come si sarebbe detto ieri.
Nel passare meritevolmente in rassegna i numerosi autori (per la precisione, ventitré) che si sono occupati, poco o tanto, dell'Italia peninsulare dal VI al XIV secolo, Gennaro Tedesco ci offre insieme una visione prospettica dei delicatissimi rapporti con la realtà italica e delle scelte politiche adottate nei suoi confronti dagli Imperatori romani d'Oriente nel corso appunto di otto secoli. Il tutto, naturalmente, filtrato dalla visione personale degli storiografi esaminati, nonché dal messaggio e dal tipo di pubblico al quale essi intendevano rivolgersi: il partito filo o anti imperiale, l'aristocrazia terriera, il ceto burocratico-amministrativo, il mondo monastico ed ecclesiastico, e non ultimo l'ambiente militare.
In effetti, prendersi una cura sollecita e tutta particolare della Penisola italica era, per il potere dei basiléis di Bisanzio, un solenne imperativo categorico la cui formula riprendeva, in un certo senso, il celebre verso 96 del libro III dell'Eneide: "Antiquam exquirite matrem! ". Un atavico richiamo, una costante nostalgia nel senso letterale del termine, che, se allo storico comune risulta del tutto plausibile ad esempio nell'età giustinianea, appare perlomeno strabiliante che rimanesse così forte e intatta ancora nel secolo X o XI.
Un imperativo che obbediva in fondo ad una precisa esigenza psicologica e ad un motivo costante di propaganda ideologica, politica e persino mitografica; poiché la prisca Roma, sempre più estranea culturalmente, politicamente e persino religiosamente alla nova Roma di Costantinopoli, rimaneva pur sempre il fondamento primo, la ragion d'essere stessa e il nido atavico da cui aveva spiccato il volo l'aquila dell'Impero su cui i basiléis regnavano, e che si fregiava del titolo sublime ed universale di Romano .
Ciò non toglie che la politica degli Imperatori greci avesse numerosi altri, e gravissimi, problemi con cui confrontarsi nel corso della sua storia plurisecolare: la violenta pressione, dapprima degli Achemenidi persiani, poi degli Slavi ed infine degli Arabi, sui confini orientali dello Stato; la questione dell'ordine interno, minato in un primo tempo dalle eresie monofisita e nestoriana e poi dall'iconoclastia e dallo scisma; non ultimi venivano poi i problemi militari, amministrativi, economici e sociali sempre più alimentati dalla perdita delle province più ricche e dal lento disfacimento ed impoverimento anche demografico di un Impero che si avviava ad essere decrepito già ben prima della sua scomparsa nell'anno di grazia 1453.
L'eco di questa politica necessariamente basculante fra il Westfront e l'Ostfront dell'Impero " la prima caratterizzata dalla riconquista giustinianea dell'Italia e dal forte spirito di rivendicazione del periodo dei Comneni, con addirittura il vagheggiamento di riportare la capitale a Roma, e la seconda dalla rottura completa con la Penisola determinata dall'iconoclastia, dalla separazione scismatica delle due Chiese e dai pericoli mortali che venivano da Oriente " si riscontra punto per punto ripercorrendo la storiografia e la cronachistica contemporanee agli avvenimenti. Una storiografia di corte, osserva l'Autore, mai sciatta, sempre dotta, obbediente alle regole puntuali della retorica e rivolta in un primo momento al colto ceto burocratico-senatoriale e successivamente in primo luogo agli intellettuali ecclesiastici e monaci, ora favorevoli, ora contrari alla politica degli Imperatori verso il limes occidentale.
La monotonia e "l'uniformità tipizzante ", come le definisce Gennaro Tedesco, del massiccio ricorso alla retorica presenti nelle fonti trattate, non vanno però giudicate come sintomo di una sterile fossilizzazione letteraria, ma al contrario sapientemente "decodificate " come dovute alla "ricerca di ridurre la sfuggente molteplicità del reale agli schemi eterni " e perciò sicuri " dell'arte argomentativa " (p. 24).
Analizzando con cura le sue fonti, Gennaro Tedesco individua e distingue quattro periodi principali dell'interesse manifestato dagli autori bizantini nei riguardi dell'Italia meridionale e peninsulare:
" l'età giustinianea (VI secolo);
" la prima età macedone (secolo IX " metà secolo X);
" la seconda età macedone (metà del secolo X " secolo XI, ossia gli storici dopo Costantino Porfirogenito);
l'età comnena (secoli XI e XII).
Negli otto capitoli in cui vengono disposti, non sempre in ordine cronologico, questi periodi, è possibile per il lettore ripercorrere, attraverso le fonti proposte, l'intera summa della storia della Penisola meridionale a partire dal VI secolo. Compaiono così, nelle cronache sottoposte al nostro giudizio, Teodorico, Teia, la guerra Gotica, i Longobardi, i Franchi, il Sacro Romano Impero, Ludovico II, Alessio I, Basilio I e II, Costante I e la sua riconquista della talassocrazia strappata agli arabi, Costantino Porfirogenito. Insomma, l'Autore ha curato attentamente che le fonti riportate coprissero tutto l'arco dei secoli affrontati e che nessun avvenimento storico particolare andasse trascurato o perduto.
Se ci è concesso dare un giudizio sugli storici e cronisti raccolti negli otto capitoli dell'opera, abbiamo apprezzato particolarmente, ma è un parere del tutto personale, Procopio da Cesarea con i passi tratti dalla sua Guerra Gotica, in cui ripropone l'ormai abusato (soprattutto dalla Chiesa) leitmotiv della superiorità morale dei barbari sui romani e sui greci; ed il suo contemporaneo Agatia Scolastico, che vagheggia invece una convivenza pacifica tra barbari e romani. Successivamente è apparso a nostro avviso molto interessante il monaco Teofane Confessore e la sua Cronografia, con la pleiade dei suoi continuatori, comunemente compresi sotto il nome di Teofane Continuato, tra i quali spicca Teofilo. Intenso infine, anche dal punto di vista estetico ed artistico, è il lucido passo di Anna Comnena riportato nel capitolo VII, con il quale la principessa descrive la figura di Roberto il Guiscardo.
Felice ci appare poi la scelta dei passi, e dei personaggi messi in risalto da Gennaro Tedesco. Ad esempio quella che si trova nel capitolo III e che è tratta da uno dei continuatori della Cronografia, il quale ci presenta la figura del Soldano prigioniero a Napoli, che non sorride mai, e si avvicina felicemente per stile a quello della novellistica più che a quello paludato della storia.
Che dire ancora? Se, prima di lasciare spazio alla ben più sintetica ma autorevole recensione del prof. Luttwak ci fosse concesso un suggerimento all'Autore, sarebbe quello di continuare nella sua raccolta antologica delle fonti. Scegliendo magari, per la sua prossima pubblicazione storica, quelle di origine italica oppure greca residente nella Penisola: storici, cronisti, monaci, catapani, drungari, memorialisti, barbari, franchi, arabi, normanni, nobili, autorità civili e politiche etc. A cominciare, ad esempio, dalla piccola perla del manoscritto anonimo bizantino del sec. XI-XII ritrovato ad Elea, sul quale il prof. Tedesco ha scritto un bell'articolo che si può leggere sul nostro dominio. Sarebbe forse un felice contrappasso agli autori greci presentati in questo e-book. Un e-book che consigliamo vivamente a tutti di leggere e, naturalmente ¦ di rivivere .
Piero Pastoretto
Recensione del prof. Edward N. Luttwak
Per i Romani del principato abbiamo una tale richezza di dati archeologici, epigrafici e numismatici che le fonti narrative hanno un ruolo spesso secondario nello studiare i principali passaggi e problemi. Quando si arriva al più tardo impero che chiamiamo bizantino per moderna convenzione, la povertà di altri dati ci obbliga a costruire le nostre analisi sulla base di fonti narrative notoriamente mancanti in continuita', completezza e coerenza, per non parlare di affidabilità documentaria. Concentrandosi sulle fonti narrative e le precendenti analisi storiografiche delle stesse per l'Italia meridionale, Gennaro Tedesco è riuscito a recuperare dalle stesse molto di più dei suoi predecessori, per due ragioni: la delimitazione geografica e non temporale, che gli permette di osservare tutti gli strati cronologici in un insieme, e la precisione storico-filologica con cui ha trattato fonti narrative che assolutamente non offrono alcuna precisione. Così facendo, Tedesco ha illuminato un intero territorio storiografico per il crescente numero di studiosi che si occupano di Bisanzio come tale, oppure della storia tardo-antica e medievale dell'Europa e dell'Italia.
Edward N. Luttwak
Alla recensione curata dalla SCSM aggiungiamo volentieri il lusinghiero giudizio espresso per lettera all'autore dal professor Raimondo Luraghi, un'autorità della storia degli Stati Uniti d'America
La Salle, i0 luglio 2008
Caro Prof, Rufino, qui, nella pace (relativa} della Valle d'Aosta ho finalmcnte terminato di leggere ii Suo buon lavoro su Gettysburg. Mi e molto piaciuta la Sua capacita di ricercatore che promette bene per il futuro e la serietà del Suo modo di lavorare e di scrivere. Se, come si suol dire, il buon di si vede dal mattino, questo è proprio un ottimo inizio! Spero che il Suo libro venga letto, specialmente dal giovani studenti i quali apprenderanno così, insieme ad una pagina fondamentale (e da noi pressoché ignorata) della storia d'America, anche la serietà scientifica e metodologica con cui si deve fare ricerca. Riceva dunque le mie felicitazioni ed i più affettuosi auguri per l'avvenire!
La Guerra civile americana è un argomento cosi interessante, cosi multiforme che, quando se ne cade "prigionieri" e difficile abbandonarlo, come so ben io, che ad esso ho dedicato gli ultimi cinquant'anni della mia vita. ln compenso, le soddisfazioni ed i premi di ordine spirituale che tale studio dà , sono inestimabili: è cosi per tutti i grandi nodi storici che di tempo in tempo hanno deciso i destini dell'umanità : Cosi c stato per la Guerra civile americana: cosi è anche stato per quell'evento grandioso e terribile che fu la Seconda guerra mondiale: io, che ebbi la ventura di partecipare direttamente a tale tragedia non ne sono mai potuto diventare uno storico: troppo viva, troppo bruciante ancora, dopo anni, la ferita di quell'esperienza. Ho però dedicato ad essa un breve libro di memorie, che potrà essere (spero) una fonte per i futuri studiosi. "Eravamo Partigiani - Ricordi del tempo di Guerra", edito da Rizzoli BUR. Glie lo indico, perché forse Le piacerà ed aumenterà (lo spero) il nostro rapporto di amicizia.
Infine un'ulteriore notizia: Rizzoli ha deciso di ristampare la mia "Storia della Guerra Civile Americana", con una nuova introduzione che sto scrivendo. Dovrebbe uscire nel gennaio prossimo nella collana BUR (quindi relativamente poco costoso). Questo in caso che Lei non lo possegga. già .
Termino questa mia già troppo lunga lettera con i migliori auguri per la Sua carriera di insegnamento: che docenti seri ed appassionati come Lei siano in contatto con i nostri giovani è una vera fortuna per questo nostro Paese perché solo nell'educazione e nella formazione della gioventù stanno le nostre speranze per il futuro. Con i migliori e più cordiali saluti, mi creda Suo
Raimondo Luraghi
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Con vero piacere Piero Pastoretto ci presenta:
Domenico CARRO,
Corazzata Roma. Eccellenza e abnegazione per la Patria
Roma, Cooperativa Sociale Eureka, 2011, pp.147. Ed. fuori commercio.
L'Ammiraglio Domenico Carro è uno storico navale che gode di grande stima in Italia ed all'estero, specializzato, ma non solo, in storiografia navale e marittima dell'antichità romana. Cura ed edita un proprio sito dedicato a questo campo di ricerca, www.Romaeterna.org, ed è autore di numerose pubblicazioni, ad iniziare dalla collana CLASSICA , uscita in dodici volumi per conto della Rivista Marittima negli anni 1992-2003. Ha pubblicato inoltre studi qualificati come Roma Navale e un volume di studi storici dal titolo Saggi classici, oltre ad opere di divulgazione storica come Maritima e Navales Tabulae.
Presentiamo qui un volume che esula dagli specifici interessi classici dell'autore, poiché è stato realizzato per il lodevole progetto Una città di eroiche memorie , con il contributo di ROMA CAPITALE.
Con la consueta e sobria chiarezza espositiva che caratterizza tutte le sue opere, Domenico Carro affronta in questo volume la purtroppo brevissima vita operativa del Roma (i nomi di tutte le navi italiane esigono l'articolo al maschile), nave da battaglia italiana che portava l'augusto nome della città eterna e che fu la più grande e potente corazzata costruita in Italia e, in pratica, tra le più moderne dell'intero secondo conflitto mondiale: un colosso da 46.000 t. a pieno carico, che poteva sviluppare l'impressionante velocità di 32 nodi, era dotata di un'avanzatissima tecnologia elettromeccanica e soprattutto di eccellenti artiglierie, superiori a qualunque altro pezzo straniero di calibro eguale o superiore, i cui proietti potevano raggiungere i 42.800 metri di gittata.
Ultima, dopo il Vittorio Veneto. delle tre corazzate classe Littorio, il suo progetto era stato ulteriormente migliorato ed affinato rispetto alle unità sorelle.
L'autore si prefigge il compito di illustrare sobriamente le caratteristiche tecniche del Roma ed allo stesso tempo di presentare al lettore medio, per lo più completamente (e, aggiungeremmo, colpevolmente) digiuno di storia militare patria, l'effimero servizio operativo di questa sfortunata nave (varata il 9 giugno del 1940 e colata a picco il 9 settembre 1943: un giorno prima dell'entrata in guerra e il giorno dopo l'armistizio), destinata ad una fine tanto tragica. Il tutto in una forma letteraria che non risultasse né arida, né esclusivamente storica.
L'Ammiraglio Carro risolve brillantemente queste esigenze introducendo la voce narrante e "il racconto apocrifo ma veritiero " di un personaggio fittizio, un giovanissimo Guardiamarina del Corso Squali che, insieme a tredici suoi compagni d'Accademia, s'imbarca sul Roma alla Spezia il 15 aprile del 1943. La viva narrazione del Guardiamarina, subito conquistato dalla forza, efficienza e modernità che la stessa nave esprimeva in tutti i suoi aspetti, consente tanto di rendere graditi al lettore i pur necessari requisiti tecnici, quanto di trasformare in appassionante - attraverso il pathos ed il drama provenienti dal personaggio che narra in prima persona - un discorso storico che potrebbe altrimenti risultare troppo freddo, se non addirittura noioso, a chi non ha dimestichezza con le letture storiche.
Man mano che la vicenda si avvicina all'ora fatale delle 15.52, allorquando la seconda bomba radioguidata tedesca cadde tra la torre 2 da 381 e la torre da 152 di sinistra, la narrazione si fa più serrata ed avvincente, pur senza nulla concedere alla facile retorica (chi narra è pur sempre un uomo di mare e di guerra , come recita la Preghiera del Marinaio), né alla fantasia, ma rimanendo saldamente e rigorosamente legata alla realtà dei fatti. Si passa così - attraverso il filtro delle notizie che trapelano giungendo alle orecchie dei giovani Guardiamarina e Sottotenenti del G. N. del Corso Squali nel loro quadratino ufficiali - dall'esaltante certezza, ancora l'8 settembre, di essere sul punto di salpare con tutta la Forza Navale da Battaglia per affrontare, a costo dell'olocausto finale, l'intera flotta d'invasione alleata davanti a Salerno, ai messaggi contraddittori di Supermarina che giungono da Roma, nei quali l'eroica missione si trasforma nella desolante e odiosa direttiva di autoaffondare o di consegnare la propria nave al nemico per obbedire alle clausole dell'armistizio di cui la Regia Marina ed il suo ministro, Amm. de Courten, erano stati tenuti all'oscuro dal governo.
Fu, per quegli uomini ormai ardentemente votati al sacrificio della vita, "il più amaro degli ordini "; un sacrificio ben peggiore di quello della vita al quale erano preparati, un sacrificio che implicava il loro onore di Ufficiali italiani di Marina, il rispetto del giuramento fatto al Re e la dedizione assoluta verso la sacralità della bandiera. Un sentimento ben difficile da spiegare, da parte dell'autore, alle generazioni contemporanee, così lontane ed estranee da certi valori oggi disattesi (per non dire vilipesi) dalla cultura e dalla morale corrente.
Segue, nelle convulse ed oscure ore della navigazione, l'incertezza della rotta fino a quando trapela, tra i giovani Squali , la notizia che la meta della missione era La Maddalena, dove sembrava che dovesse rifugiarsi il Re con il governo; illusione presto infranta, quando si seppe che la base navale era stata occupata dai tedeschi, con la conseguente inversione della rotta e, infine ¦ l'allarme aereo. Un allarme che poi risulta, alla luce dei fatti, un beffardo e cinico gioco del fato contro la più bella nave della Regia Marina, poiché quei bombardieri tedeschi i cui piloti adesso dirigevano le loro bombe radioguidate verso la possente squadra italiana, fino al giorno prima, cioè l'8 settembre, erano destinati ad accompagnarla per la sua ultima missione e ad indirizzare quelle medesime bombe contro le navi alleate.
Il dramma di bordo scoppia in tutta la sua potenza, idealmente come l'ordigno radioguidato tedesco, quando l'esplosione delle riserve delle munizioni fa saltare letteralmente in aria le 1591 tonnellate della torre trinata n. 2, e la micidiale vampa che ne scaturisce annienta la plancia ammiraglio e la plancia comando del torrione, uccidendo all'istante sia il Comandante del Roma Adone Del Cima, sia l'Ammiraglio Carlo Bergamini, i quali scompaiono nelle fiamme con tutto il loro Stato Maggiore.
Il personaggio narrante, responsabile della torre 3 da 152 mm antiaerea e antinave, rimasto illeso insieme ai serventi del suo pezzo, ha modo di osservare le raccapriccianti scene degli ustionati e mutilati di quella che era stata il vanto della cantieristica e della Regia Marina. Nessuna scena di panico o di isterismo davanti ai suoi occhi, ma soltanto una corsa a soccorrere i feriti ed a metterli in salvo, in cui semplici marò ed ufficiali facevano a gara di generosità a costo delle proprie stesse vite. Poi, la messa a mare degli zatteroni carley, ed il salvataggio del Guardiamarina a bordo del Ct. Artigliere. Ultima visione del dramma, che è descritta con autentica anche se sobria commozione, è il Roma che si spezza in due al centro e affonda con la metà prodiera in posizione verticale a nascondere il sole agli occhi dei naufraghi: "Ma quando, per ultimo, scomparve nei flutti anche il purpureo stemma dell'Urbe che ornava l'estremità della prora, si alzò spontaneo il grido con il quale si usava andare al combattimento: Viva l'Italia, Viva il Re! seguito da un ancor più commosso Viva il Roma! ". Dei più di 1.900 uomini di equipaggio, soltanto 622 furono i superstiti, e molti di questi morirono nelle ore successive per le gravissime ustioni.
Il narratore, finalmente tornato in patria dopo le vicissitudini toccate a lui, ai superstiti della sua nave ed agli equipaggi delle unità di scorta della FNB che preferirono farsi internare nel porto spagnolo di Mah ³n a Minorca piuttosto che consegnarsi a Bona, cerca infine di trovare una ragione ed un senso positivo all'apparentemente assurda tragedia della nave ammiraglia Roma e del suo equipaggio (tra il quale anche alcuni Squali , cari compagni del suo Corso), affondati nei flutti del Mediterraneo a guerra appena conclusa da coloro che fino al giorno precedente erano i loro alleati contro un nemico comune.
L'autore non vuole collocare temporalmente le sue riflessioni: potrebbero infatti essere datate indifferentemente all'indomani dell'entrata dell'Italia nella NATO (1949), come alla fine della sua carriera in Marina con il grado di Ammiraglio di Divisione invece più importante osservare che, poiché egli non può rassegnarsi a chiamare in causa la cieca Fortuna nel senso latino del termine, ritrova conforto per il suo tanto ricercato perché di una simile orrenda ed inutile vicenda di guerra, in un motivo semplice, ma puro, alto e nobilissimo allo stesso tempo; un motivo ed un senso che possono riassumersi in una breve frase latina che titola il settimo e ultimo capitolo del volume, un inciso che fu motto prima degli arditi e poi ripreso dai partigiani, e che ben si adatta al parlar laconico degli Ufficiali di Marina e di tutti i militari che abbiano conosciuto la guerra.
"UT PATRIA RESURGAT! ".
E, grazie anche al sacrificio del Roma, potremmo aggiungere, a postilla dell'intera vicenda narrata, la conclusione: ¦ et resurrexit enim, tandem, Patria nostra.
A corredo della dolorosa vicenda personale del Guardiamarina, della tragedia corale di tutto l'equipaggio della Regia Nave Roma e, più in generale, dell'intera Marina italiana, il volume offre degli utilissimi box, per così dire, didattici e storici: i cilindri Pugliese"; la bomba radioguidata Ruhrstahl SD 1400 Fritz X che affondò la corazzata insieme a 1400 uomini del suo equipaggio; il testo del messaggio di Badoglio alla Nazione delle 19.45 dell'8 settembre; le clausole riguardanti la Marina Militare italiana del trattato di pace di Parigi (10 febbraio 1947).
Piace, infine, la citazione del verso del Carmen saeculare di Orazio che fa da premessa a tutto il volume: "(Alme sol) Possis nihil Urbe Roma visere maius". Una citazione classica e solenne, che ben si attaglia alla severità della tragedia che il 9 settembre del 1943 ha colpito la Regia Marina e tutti gli Italiani "ut Patria resurgat ".
Piero Pastoretto
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Basato sulle schede bibliografiche di uno dei maggiori studiosi di oplologia ( e non solo) del Â900, Carlo de Vita, è uscito uno dei più importanti sussidi che gli storici possano avere a disposizione.
Siamo orgogliosi di essere stati tra i suoi migliori amici e di avere goduto della sua stima.
Assolutamente da non perdere non solo dai ricercatori ma anche da ogni appassionato.
LE ARMI ANTICHE
di CARLO DE VITA, MARCO MERLO e LUCA TOSIN
GANGEMI EDITORE SpA ROMA " piazza S. Pantaleo, 4
Gli studi sulle armi antiche stanno conoscendo negli ultimi anni un enorme incremento e diversificazione. Dagli studi di tradizione storico-artistica, museologica o di catalogazione sull'oggetto-arma, fino a quelli di storia militare, economica e produttiva, l'abbondanza e la varieta di libri e articoli ha reso complessa la realizzazione di bibliografie d'ampio respiro. Questo volume si propone di rispondere all'esigenza di un'opera bibliografica unitaria che tenga conto dei piu recenti sviluppi della disciplina: accanto agli studi generali e tipologici sulle armi, le fortificazioni, le armi bianche e le armi da fuoco, sono raccolti anche gli studi sulle fonti, le armerie, le aste, i cataloghi di mostre e le grandi collezioni, cosi come gli studi di interesse produttivo e di costume e sulla legislazione vigente in materia di armi. La scelta dei titoli presenti in SBN (Servizio bibliotecario nazionale) deriva dalla volonta degli autori di coniugare la raccolta del materiale bibliografico edito con l'effettiva reperibilita dei testi sul territorio nazionale. Bibliografia quindi, che non sia una semplice raccolta dell'edito, ma una selezione ragionata degli studi disponibili per fornire un utile supporto agli studiosi e agli appassionati di armi antiche.
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Ancora un contributo alla nostra storia nel segno del 150 dell'Unità d'Italia,
un bravo a Renato Boldini ed alla signora Valentina Conti, fondatrice della casa editrice.
Renato Biondini
casa editrice Affinità elettive di Ancona
Nel 150 anniversario dell'Unità d'Italia, questa pubblicazione sfata luoghi comuni e credenze consolidate su come avvenne il processo che ne portò all'unificazione. In particolare, fuori da preconcetti ideologici, questa ricerca storica sul Risorgimento italiano evidenzia un risultato inedito: l'importante ruolo svolto dalle moderne artiglierie a canna rigata, molto più potenti e precise di quelle tradizionali, che impegnate nelle varie campagne militari dal 1859 al 1861 ne determinarono gli esiti, contribuendo all'unificazione italiana.
Tel/Fax 071 9941852 | e-mail: info@edizioniae.it
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Se qualcuno crede ancora che esista una nazione ricordiamo per lui questa rivista che si presenta nella sua nuova veste
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Il volume che segnaliamo è già uscito ma riteniamo che sia utile a tutti conoscere le problematiche proposte, a tal fine pubblichiamo anche alcune note dell'autore, che si mostra un vero appassionato, e un breve stralcio del libro.
Franco Minusso
PODGORA LE PRIME SEI BATTAGLIE DELL'ISONZO.
LA CONQUISTA DI GORIZIA
Gino Rossato Editore, 2008
NOTE DELL'AUTORE:
Con questa presentazione, vorrei spiegare ai Lettori cosa mi ha spinto a scrivere questo libro, goccia piccolissima in quel mare di pubblicazioni che (fortunatamente) riempie il panorama editoriale attuale.
E vero che, fino a pochi lustri fa, l'argomento 1 Guerra Mondiale era ristretto e trattato da una piccola schiera di studiosi ed appassionati, ma ormai molti decenni sono passati da quei tragici avvenimenti; molte fonti storiche sono diventate accessibili e il tempo ha contribuito a lenire quelle ferite, non solo fisiche, inferte alla generazione dei nostri nonni, partecipanti attivi di quel conflitto.
E nato un nuovo interesse su quegli eventi, le recensioni e l'opinione pubblica si esprimono in maniera piu aperta e obiettiva, rispetto ai lati oscuri ancora presenti alla fine degli anni '60. Finalmente possiamo accedere con piu facilita e serenita d'intenti ad un periodo storico cosi importante non solo per noi Italiani, ma anche per tutti gli Stati europei i cui popoli sono stati coinvolti, ormai novant'anni fa, in quel conflitto, definito quasi subito Grande Guerra . Il mio coinvolgimento non e nato sull'onda emotiva attuale, magari dopo aver assistito ad una delle diverse manifestazioni che si svolgono, ad opera soprattutto di volontari, associazioni e musei, nel territorio dell'ex fronte. E non deriva neanche dai pur molti articoli di cronaca recente, ricchi di particolari piu o meno conosciuti agli addetti ai lavori. No, niente di tutto questo: il mio percorso formativo e partito da ben piu lontano, dagli anni scolastici durante i quali io, appassionato fin da subito nello studio della storia e della geografia, iniziavo a conoscere la realta locale nella quale vivo tuttora.
Proprio in quel periodo ho letto, inserito nel programma scolastico, l'opera di Lussu Un anno sull'Altipiano dove ho appreso le mie prime cognizioni militari. Interessato naturalmente alla parte d'Italia nord-orientale, ho approfondito con gli anni (molto probabilmente anche per la maggiore inclinazione alla lingua locale, simile alla mia come veneto) la conoscenza del Goriziano e Triestino, oltre ovviamente alla mia regione d'origine, il Veneto. La mia attivita di studio era rivolta anche altrove: anch'io ho collezionato francobolli e da quei rettangolini di carta colorati e iniziato quell'interesse verso gli usi, costumi e realta dei popoli a noi vicini. Ma ben presto constatavo l'esiguita d'informazioni (e soddisfazioni) ricavabili da tutto cio : forse e naturale, per un filatelico alle prime armi, passare alla numismatica. Dall'osservazione anche di una sola moneta comprendevo gli stemmi, le scritte, i vari metalli usati, le unita di misura e, soprattutto, il potere d'acquisto di quel pezzo in mano ad un cittadino italiano o austriaco.
Tutto cio e durato fino al 1990 quando ho incaricato, sempre alla ricerca di nuove esperienze, un mio collega di lavoro per trovare un libro che trattava d'escursioni in ambiente montano locale: mi procurava un testo di una notissima casa editrice che illustrava, oltre alla parte storica inerente al periodo 1915-1918, delle interessanti passeggiate sulle Dolomiti. Comprendevo subito quali nuovi interessi si aprivano dalla lettura di quel testo e, al tempo stesso, partivo gia da una sufficiente base culturale utile a comprendere meglio quello che in seguito mi avrebbe coinvolto sempre piu appassionatamente. Dalla lettura di quel libro e sorto l'interesse per lo studio degli eventi bellici relativi alla 1 Guerra Mondiale; conseguentemente ho anche abbinato le visite a quanto ancora di concreto era rimasto. Ho iniziato nel 1991, con la visita al Museo della Grande Guerra a Gorizia, e da li subito ho unito lo studio all'ispezione diretta sui tratti del fronte a me vicini. Ho approfittato anche dei molti Sacrari e Musei presenti per osservare direttamente suppellettili, documenti, reperti e dotazioni appartenuti a combattenti o rinvenuti sui campi di battaglia.
Questa attivita non si e mai interrotta e, a questo punto, sorgeva spontaneo il desiderio di contribuire attivamente alla stesura di una nuova opera. Non e stata facile la scelta dell'argomento: la vastita delle pubblicazioni tocca tantissimi aspetti e non era sicuramente mia intenzione ricalcare un titolo gia presente; ho ritenuto opportuno impegnarmi, come mio primo lavoro, su un soggetto non molto conosciuto e altrettanto moderatamente trattato, se non a livello generale. Ecco, quindi, com'e nato questo libro: al posto di una semplice cronaca di guerra d'un particolare settore militare, ho voluto descrivere, con maggior chiarezza possibile, anche gli aspetti poco conosciuti cercando di inserire nozioni utili ad identificare meglio l'ambiente, la cultura e la storia di quel colle, baluardo importantissimo della testa da ponte che per sedici mesi difese Gorizia dagli assalti italiani. Per quanto sopra, ringrazio sentitamente il signor Giancarlo Bendini di Bologna, il quale mi ha concesso di pubblicare le quattro fotografie in bianco e nero del capitolo nono, e non ultimo, il mio sincero grazie va anche al signor Simon Kovacic di St. Peter (SLO), persona disponibilissima e degna della piu alta stima per l'aiuto fornitomi con le foto presenti sempre al capitolo nono. Militarmente parlando, ho cercato di non divagare eccessivamente con notizie poco pertinenti il settore, altrimenti avrei corso il rischio di non tenere piu fede agli stretti limiti da me imposti. Ho inserito solo quanto, a mio modesto giudizio, era utile alla comprensione generale dei fatti. La stessa valutazione va estesa anche ai riepiloghi finali sui reparti che hanno combattuto sul Podgora: e stata una mia libera scelta elencare solo certe brigate; e ovvio che nulla toglie al valore degli altri reggimenti la impegnati.
Sulle statistiche inerenti alle perdite, riferite alle varie battaglie dell'Isonzo ivi combattute, ho notato che ogni fonte da me consultata ha attribuito cifre diverse anche in maniera consistente. Quindi prego il Lettore di non considerarle assolute e definitive. I motivi di queste differenze possono derivare da conteggi piu o meno globali ed anche inesatti per difetto, secondo le diverse fonti di informazione. Non sono certamente dei feriti (o peggio) in piu o in meno a cancellare i dolorosi ricordi, le pesantissime sofferenze patite da un'intera generazione e la tragicita di quei momenti oramai consegnati alla Storia. F. M.
A queste note dell'autore segue una recensione di Piero Pastoretto:
Nella Premessa, in cui passa in rassegna i perché del libro, le sue origini, nonché le intenzioni ed impostazioni di fondo, Franco Minusso confessa con molta umiltà che si tratta della sua opera prima, quasi ad avvisare il lettore di essere clemente. A lettura completa del volume possiamo invece affermare con convinzione che l'autore è un giovane (giovane, almeno, per quanto riguarda la storiografia militare italiana) outsider, che possiede in maniera evidente tutte le caratteristiche ed il talento necessari a farlo diventare uno storico qualificato di questo settore, purché abbia la costanza e la perseveranza di continuare nella sua produzione e, soprattutto, nella paziente e faticosa attività di ricerca, di raccolta e di rielaborazione che vi sta a monte.
Fino ad almeno un decennio fa, la storia militare patria sulla partecipazione dell'Italia al primo conflitto mondiale godeva di una produzione piuttosto scarna. Dopo una grande diffusione negli ambienti colti e popolari di opere e memorie dedicate alla Grande Guerra, seguita alla vittoria del 4 novembre 1918, l'attenzione degli studiosi è stata infatti attratt, a partire dagli anni Sessanta, dalla più recente Seconda Guerra Mondiale, che comprendeva anche aspetti più drammatici ed ideologici rispetto alla Prima, per le note e discusse vicende politico-militari dell'Italia.
Di recente, invece, si assiste ad un risveglio d'interesse nell'opinione pubblica verso quell'ormai lontano conflitto, dovuto anche ad una storiografia ormai matura e con a disposizione, a novantasei anni di distanza dall'entrata in guerra del Regno d'Italia, di una mole pressoché definitiva, esaustiva, e quasi infinita, di documenti provenienti da tutte le fonti a disposizione degli storici.
Oggi ad esempio esistono delle case editrici specializzate, come la Gino Rossato, che dedicano ai fronti italiani della Prima Guerra Mondiale intere e nutrite collane, mentre la produzione e la richiesta del pubblico non accennano a diminuire. Il repertorio dell'attuale offerta bibliografica, in particolare, non si orienta più verso monumentali o, peggio, superficiali storie onnicomprensive, bensì su periodi e settori limitati del fronte, su singoli episodi autoconclusivi, come certi fatti d'arme, o alcune serie di battaglie. L'autore " con l'analisi settoriale delle prime sei delle undici battaglie dell'Isonzo, quelle cioè che, iniziate nel giugno 1915, condussero alla conquista di Gorizia il 9 agosto del 1916 " non fa eccezione. Per illustrare la sua fedeltà assoluta all'argomento scelto basterà un'unica osservazione: egli dedica appena poche righe alla Strafexpedition austriaca, nonostante essa fosse praticamente contemporanea alla sesta battaglia dell'Isonzo, ed il cui fallimento portò alla presa della città ed alla sua restituzione all'Italia.
In tale renaissance generale, che attende soltanto qualche Âgrande firma' nota per essere ufficializzata, ma che viene dal basso e si concentra soprattutto nelle popolazioni i cui avi hanno vissuta e combattuta quella guerra, si inserisce Franco Minusso, che ha il vantaggio di abitare e vivere accanto a quei luoghi che videro divampare le grandi battaglie dell'Isonzo e ne conservano, muti e silenti, i cimiteri militari che custodiscono le reliquie mortali dei caduti; ed inoltre gode del privilegio di essersi sempre sentito attratto, si può dire sin dalla prima giovinezza " come afferma nella Premessa al volume " dalla storia militare della Prima Guerra Mondiale.
Ciò che emerge dalla lettura dell'opera può essere riassunto in tre caratteristiche principali:
" l'estrema obiettività dell'autore, il quale non introduce mai giudizi soggettivi (che poi, nella nostra storiografia militare, si riducono quasi sempre in forme di critica gratuita verso le armi italiane), a meno che non siano suffragati da documenti personalmente controllati o ormai consolidati dalla storia;
" un preciso ed imparziale spirito di equanimità tra le due forze in campo, senza quella partigianeria che, al contrario, tanti cosiddetti storici anche con l'iniziale maiuscola si permettono. Se lodi o note di biasimo si leggono qua e la, esse sono indifferentemente distribuite fra i due campi avversi, e soprattutto non vengono taciuti, ma neanche esaltati (come è ormai un certo vezzo), certi episodi negativi che riguardano il nostro comportamento militare, come ad esempio le vittime civili causate dall'artiglieria o le troppo facili fucilazioni per viltà verso il nemico;
" infine, la straordinaria mole di materiale consultato, che non deriva soltanto da fonti italiane, le più accessibili, ma anche " e aggiungerei, in grande quantità " di origine austriaca, ufficiali e non, che l'autore ha certamente consultato in lingua originale.
Il volume si articola in nove capitoli, il primo dei quali, molto interessante, riassume la storia (partendo addirittura dalla preistoria) dei luoghi teatro di quegli scontri " il Podgora, l'Isonzo, la medesima Gorizia " e soprattutto insiste sugli aspetti etnici dei popoli che li abitano creando, come accade in tutte le zone di confine, una felice mescolanza, derivata da scontri ed incontri durati millenni, di elementi appartenenti alla cultura italiana, tedesca e slava. La stessa toponomastica ne fa fede: Podgora è infatti un nome slavo che pressappoco significa Ai piedi del monte , ma alle sue falde si estende un centro abitato dal nome italianissimo di Piedimonte, mentre poco più a nord sorge l'altura nota con il nome germanico di Grafenberg.
Nel secondo capitolo è accuratamente tratteggiata la situazione e l'organigramma dell'esercito italiano e di quello austriaco al 24 maggio del 1915, con il successivo rinforzamento del primo nei mesi immediatamente successivi.
Gli altri sei capitoli che seguono sono dedicati a ciascuna delle battaglie dell'Isonzo, e giustamente strutturati secondo uno schema sempre ripetuto, che comprende i piani operativi, gli obiettivi, l'elenco delle forze e delle unità partecipanti, l'esame e la cronaca della battaglia, le condizioni meteorologiche e morfologiche in cui fu combattuta, gli esiti e le perdite.
L'ultimo capitolo, il IX, è dedicato alle perdite totali da parte italiana, purtroppo oltremodo sanguinose, ed alle numerosissime onorificenze e ricompense divise per reparti. Le perdite maggiori furono subite dal 27 Reggimento Pavia e dal 12 Reggimento Casale. Il maggior numero di ricompense militari andò all'11 Reggimento Casale.
Le digressioni sono opportune, frequenti e di notevole interesse, ma armonicamente inserite nel tema principale senza interrompere la consequenzialità della narrazione: troviamo così, per portare alcuni esempi le caratteristiche tecniche del Mannlicher-Carcano mod. '91, le razioni giornaliere al fronte, le caratteristiche delle artiglierie italiane ed austriache e le brevi biografie dei comandanti austriaci e di alcune medaglie d'oro italiane.
Il testo, steso in buona e corretta prosa, è corredato da cartine e da un ricco apparato fotografico, in parte di origine ufficiale e militare e in parte proveniente da collezioni private.
In conclsione, un volume da consigliare a tutti gli amanti della storia militare ed agli specialisti della Grande Guerra sul fronte italiano.
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ECCO
UN ALTRO LIBRO CHE NON NECESSITA DI TANTE PAROLE!
"Sei
italiani equipaggiati con materiale di costo irrisorio hanno fatto
vacillare l'equilibrio militare nel Mediterraneo a vantaggio
dell'Asse" Winston Churchill
Luciano Garibaldi Gaspare
Di Sclafani
COS AFFONDAMMO LA VALIANT
La più grande
impresa navale italiana della seconda guerra mondiale
Edizioni
Lindau | Collana "I Leoni" | pp. 128 | euro 13,50 | ISBN
978-88-7180-893-2 | novembre 2010
Alessandria d'Egitto, 18
dicembre 1941. L'azione fu portata a termine da sei intrepidi che,
letteralmente "cavalcando" tre siluri, affondarono due
corazzate inglesi, la Valiant e la Queen Elizabeth. Quegli uomini
erano il tenente di Vascello Luigi Durand de la Penne, il capitano
del Genio Navale Antonio Marceglia, il capitano delle Armi Navali
Vincenzo Martellotta, e i sottufficiali Emilio Bianchi, Sp artaco
Schergat e Mario Marino. Ma come si svolse esattamente l'operazione?
Come fu progettata? Quali rischi corsero i nostri soldati? E, ancora,
cosa voleva dire far parte della Decima MAS e operare agli ordini del
comandante Junio Valerio Borghese?
Questo
libro è dedicato alla spettacolare impresa di Alessandria d'Egitto,
raccontata dagli stessi protagonisti principali - Luigi Durand de la
Penne ed Emilio Bianchi - in due interviste esclusive rilasciate in
tempi diversi. La prima fu "strappata" a Durand de la
Penne, dopo tanto insistere, da Luciano Garibaldi sul finire del
1966, in coincidenza con il venticinquesimo anniversario dell'impresa
egiziana. La seconda è il frutto di una serie di colloqui fra Emilio
Bianchi e Gaspare Di Sclafani avvenuti nell'estate del 2005, quando
l'eroico ex capo palombaro aveva già 93 anni, ma conservava ancora
una lucidità davvero invidiabile.
GLI AUTORI
Luciano
Garibaldi, giornalista professionista dal 1957, nella sua lunga
carriera è stato inviato speciale, caporedattore e vicedirettore di
quotidiani ("Corriere Mercantile", "La Nazione",
"Roma", "Il Giornale", "La Notte") e
settimanali ("Tempo", "Gente"). Tra i suoi
numerosi libri ricordiamo: Un secolo di guerre; Operazione Walkiria.
Hitler deve morire; Il secolo in breve. Persone e storie del
Novecento; I giusti del 25 aprile. Chi uccise i partigiani eroi?; La
pista inglese. Chi uccise Mussolini e la Petacci?; Le soldatesse di
Mussolini; Le mie Brigate erano Rosse; Fidel Castro. Storia e
immagini del lÃÂíder m ¡ximo. Presso Lindau ha
pubblicato O la croce o la svastica. La vera storia dei rapporti tra
la Chiesa e il nazismo.
Gaspare Di Sclafani, nato a Venezia nel
1943, ha iniziato l'attività giornalistica nel 1968 presso la
redazione del quotidiano "La Notte" di Milano, dove ha
ricoperto vari incarichi (vicecapocronista, capocronista,
caporedattore) stato poi caporedattore delle "Grandi Opere"
della Rusconi. Corrispondente per oltre un decennio di un quotidiano
svizzero, ha collaborato con numerose testate (tra cui "Il Resto
del Carlino", "Il Tempo", "Scienza & Vita",
"Chi", "Visto"), con la Associated Press, con la
Rai e con Italia Uno. Per dieci anni inviato speciale del settimanale
"Gente", ha collaborato con Vittorio Feltri fin dal primo
numero del quotidiano "Libero". Autore di numerosi scoop
giornalistici di carattere storico, ha scritto Il dizionario della
politica.
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Tra
le tante segnalazioni di riviste che ci giungono vogliamo segnalare
questa che, come il titolo stesso dichiara, tratta di argomenti che
ancora, malgrado il trascorrere degli anni e le recenti tragiche
vicende politiche, mantiene viva la memoria e la coscienza di fatti
ancora più tragici che sono ancora ben vivi di chi abbia ancora un
briciolo di coscienza nazionale.
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Ancora
una pubbicazione interessante per chiarire meglio le vicende della II
Guerra Mondiale al di là di ogni retorica.
Croce di Ghiaccio - C.S.I.R. ed ARM.I.R. in Russia
1941-1943,
di Pierluigi Romeo di Colloredo
In
questo libro tratteremo gli avvenimenti militari che videro coinvolti
prima lo C.S.I.R. e poi l'ARM.I.R.; analizzeremo pertanto le prime
operazioni svolte dalle truppe italiane sul fronte orientale,
valutandone l'efficienza e la resa in combattimento. In particolare,
verranno esaminate le battaglie della prima fase offensiva
dell'estate del 1941 come Petrikowka, le battaglie di Gorlowka, la
difesa di Nikitowka, la battaglia di Natale del 1941 per lo C.S.I.R.;
seguiremo poi le operazioni dell'8 ª Armata nell'avanzata verso il
Don, la prima battaglia difensiva dell'agosto 1942, ed infine
l'offensiva sovietica del dicembre dello stesso anno, la ritirata e
la reazione ai tentativi avversari di accerchiamento del Corpo
d'Armata Alpino nel gennaio del 1943.
Una sezione sarà dedicata
all'azione della Regia Aeronautica e della Regia Marina sul fronte
orientale, e ai reparti stranieri - cosacchi e croati - inquadrati
nel Regio Esercito e nella Milizia, la cui storia è assai poco nota,
e alle biografie dei comandanti italiani: Zingales, Messe e
Gariboldi.
Lo straordinario corredo iconografico comprende più di 100 rare e inedite fotografie, delle quali molte riprodotte a piena pagina, provenienti dall'Archivio Fotografico dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, ritraenti gli uomini e i mezzi del C.S.I.R. e dall'ARM.I.R. in azione, i luoghi dei combattimenti e i volontari cosacchi nel R.E.I., e sono incluse diverse mappe a colori illustranti le varie fasi della campagna.
F.to
17x24, brossura, 242 pag., 120 foto in b/n (la maggior parte
inedite), 7 mappe e documenti a colori, Euro 28,00.
Edito da
Associazione ITALIA Via Onorato 9/18 16144 Genova Italia
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Dall'amico
Mario Pietrangeli una serie di senalazioni interessanti, le passiamo
così come sono pervenute.
Poteva
andare peggio
di Mario Pirani
Il 'Secolo breve' raccontato da un uomo che di quel periodo e' stato un protagonista nel bene e nel male. Che ha conosciuto - volontariamente - le disillusioni, generate dalle illusioni, e ne ha patito - senza colpa - le violenze terribili. A cominciare dalle Leggi Razziali.
Mario Pirani, classe 1925, non e' solo un grande giornalista, ma e' la cartina di tornasole di un'Italia laica e illuminata alle prese con il tentativo di cambiare il paese e che - nei suoi uomini migliori - ha saputo riconoscere gli errori. Non e' da tutti e, in un certo senso, lo testimonia proprio il titolo del libro. Un'opera che è il romanzo di una generazione - fitto di nomi, luoghi, persone, aneddoti - che si legge con piacere e interesse. Pirani - per sua stessa ammissione - e' stato un uomo fortunato: nell'esaltazione retorica e nazionalistica degli anni '30 e '40 sotto il segno di un fascismo imperante, ha avuto qualcuno che l'ha saputo preservare. ''In quegli anni, insomma, segnati dalla guerra e dalla percezione di quanto ingannevole fosse la retorica del fascismo, l'influsso di insegnanti chiaroveggenti e preparati per chi ebbe la fortuna, non rara, di incontrarli, si rivelò - scrive - decisiva. Vuoi che riflettessero nell'insegnamento ascendenze liberali, cattoliche o, persino, socialiste, essi sapevano trasformare le conoscenze umanistiche e quelle storico-filosofiche in un messaggio formativo di cui percepivamo l'immediatezza e la modernita'''. Un bagaglio di idee forte, decisivo, per far fronte ad una realta' capace di travolgere molti: basterebbe sfogliare le pagine del diario relative ai giorni fatali della caduta del regime, della finta fine della guerra, dell'occupazione tedesca, per rendersene conto. In quanto ebreo - e un capitolo a parte meriterebbe la storia 'sociale ed intellettuale' della sua famiglia, i Pirani Coen - l'autore ha provato sulla sua pelle la discriminazione e la persecuzione razziale: per lui la Liberazione e' stata doppia. Per questo - ma non solo - era difficile restare insensibili in quel momento al richiamo del Sole Rosso che sorgeva ad est. L'approdo al Pci e al partito nuovo e di massa ideato e voluto da Palmiro Togliatti, fu dunque una conseguenza logica.
Lui stesso - all'epoca ''un comunista tutto di un pezzo'' - rileggendo gli scritti di allora ammette oggi: ''eravamo in preda ad una pulsione fideistico-religiosa che paradossalmente scambiavamo per l'acme della razionalita' storica. Me ne sarei accoro presto''. Quel ''presto'' e' - come per alcuni altri intellettuali ''rivoluzionari di professione'' della sua generazione - il 1956 con la repressione sovietica dei fatti d'Ungheria. Nel mezzo - nel frattempo - c'e' pero' tutto il repertorio della militanza comunista di quegli anni: dal viaggio in Urss, patria del socialismo, alle lotte politiche in Italia contro la Dc. L'Ungheria, il XX Congresso del Pcus e le lacerazioni all'interno del partito, portano pero' l'alba di un giorno nel quale all'autore tutto suona oramai ''assurdo''. Per il distacco definitivo bisogna aspettare il 1961 quando Pirani esce dall'Unita' - giornale al quale ha dato tutta la sua professionalita' - e dal Pci. Una ''cesura netta'' non solo con il partito ma anche con la sua ''vecchia'' vita. Ad attenderlo un nuovo mondo e un nuovo sole, questa volta energetico: l'Eni di Enrico Mattei. Pirani diventa cosi' una sorta di 'agente segreto' nel gioco della diplomazia parallela nella lotta contro le Sette Sorelle a fianco delle nazioni decise a sollevarsi dal gioco coloniale. Da Tunisi ad Algeri, al Marocco, a Cuba, in un ambiente fitto di figure da 'Casablanca', Pirani - passato da Lenin all'Eni - rivela molti degli ingranaggi di quegli anni fino al mistero della morte di Mattei nel 1962: per quel che sa - sintetizza - se c'e' stato un attentato, il petrolio non c'entrava. Su quella morte si arresta l'avventura 'internazionale' di Pirani: nella sua terza vita ci sara' soltanto il giornalismo. Dal Giorno, passando per L'Europeo, fino a Repubblica, insieme a mille figure che hanno fatto la storia italiana di questi ultimi 50 anni. Con una bussola, pero': nonostante le disillusioni, avverte l'autore, l'impegno della sua generazione non e' stato vano. Anzi. Ed e' questo il migliore dei messaggi di Mario Pirani.
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Mosaico
afghano. Vent'anni a Kabul
di Alberto Cairo
A partire dal
1990, Alberto Cairo ha visto succedersi in Afghanistan il regime
filo-comunista del dottor Najibullah, quello dei mujahiddin, dei
talebani, e quello di Karzai sostenuto dagli eserciti stranieri,
ognuno promettendo pace e sicurezza. Suoi punti di osservazione sono
i centri di riabilitazione del Comitato Internazionale della Croce
Rossa in cui lavora. Sparsi per l'Afghanistan, strutture di
riferimento per gente d'ogni etnia e ceto, i centri hanno affrontato
negli anni profondi mutamenti, divenendo scuole di speranza, spesso
in bilico tra farsa e tragedia. Perché l'Afghanistan? Arrivato per
restarvi un breve periodo soltanto, gli eventi, gli afgani e il
lavoro per i disabili hanno cambiato i suoi piani. Non senza dubbi e
difficoltà . Ed è solo ascoltando la popolazione che ha imparato a
comprendere il paese e a trasformare il suo lavoro per rispondere ai
veri bisogni della gente.
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Il
ritorno - Dentro il nuovo Iraq
di Giuliana Sgrena
A
cinque anni dal suo rapimento, Giuliana Sgrena è tornata in Iraq.
Dapprima timidamente, nella regione di confine controllata dai kurdi.
Poi, finalmente, a Baghdad. Ritornare in luoghi tanto amati, ma anche
così drammatici, non può che essere per lei fonte di vivo shock. Ma
poco dopo, la giornalista del "manifesto" lascia spazio
alla descrizione di ciò che vede. Ora la vita, nonostante lo
stillicidio di attentati sanguinari, sembra riprendere i ritmi del
periodo di Saddam Hussein. La gente torna a mangiare sulle rive del
Tigri, le donne riconquistano una visibilità sociale e politica,
tanto da abbandonare il velo, e anche la sinistra sociale, seppur con
fatica, sembra riconquistare uno spazio che tradizionalmente le
appartiene. Insomma, la nuova strategia americana di accordarsi con
gli anziani dei villaggi sunniti ha di fatto tolto spazio politico
alla propaganda armata del fondamentalismo islamista. Ma alla vigilia
del "disimpegno" americano nell'area non tutti i problemi
paiono essere risolti. Con grande sensibilità umana e giornalistica,
Giuliana Sgrena ci racconta perché.
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Due
pacifisti e un generale
A colloquio con Vincenzo
Camporini
Ritanna Armeni, Emanuele Giordana
Nelle forze armate italiane c'è stata una rivoluzione cominciata dopo la caduta del muro di Berlino e prosegue anche oggi. Tutto è cambiato. Non più soldati di leva, ma professionisti della sicurezza, non più solo uomini, ma anche donne, non più militari ignoranti e inconsapevoli, ma ragazze e ragazzi addestrati, colti e curiosi, esperti di tecnologie, abituati a girare il mondo e a capirlo. Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa, racconta a due giornalisti pacifisti, Ritanna Armeni ed Emanuele Giordana, tutte le tappe di questa rivoluzione che non è stata solo organizzativa, ma anche concettuale e ideologica. Essa ha riguardato l'idea di pace, di guerra, di disciplina, di gerarchia, di comando, di tempo. "Prima del 1989 compito delle forze armate era vincere le battaglie, oggi è quello di garantire condizioni di sicurezza" dice il "capo dei capi" delle Forze armate italiane. In questa lunga intervista di due pacifisti ad un generale ci sono molte domande scomode, ma anche molte verità finora mai svelate sulle missioni italiane all'estero, sulla lunga guerra afgana, sui rapporti con gli eserciti degli altri paesi, con le organizzazioni non governative. E soprattutto il racconto di un mondo inedito e finora sconosciuto: quello delle nuove Forze armate e di una rivoluzione di cui nessuno si è accorto.
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Banchieri, politici e militari. Passato e futuro delle crisi Globali
A metà degli anni ottanta avvengono importanti cambiamenti sulla scena internazionale che toccano la sicurezza e la proiezione dell'Italia nel mondo. Si cominciano inoltre a intravedere i prodromi di una incipiente implosione dell'Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. In molte delle vicende che raffigurano una situazione solo apparentemente prigioniera della contrapposizione Est-Ovest, gioca un ruolo importante la politica estera del Governo Craxi. Due stretti collaboratori di Bettino Craxi, Gennaro Acquaviva e Antonio Badini, hanno deciso in quest'opera di gettare nuova luce su fatti e atti sui quali la storiografia italiana ha taciuto. Eppure gran parte degli anni ottanta fu un periodo importante per la nostra diplomazia, che riuscì ad abolire il G5, avviò il processo di unificazione europea, tenne testa alle grossolane intimidazioni del Cremlino, indusse la Casa Bianca a un dialogo serrato e a installare la linea rossa con Palazzo Chigi, mise in rilievo l'inesorabile logoramento dell'impero sovietico e tentò, insieme a Giordania, Egitto, Algeria e Arabia Saudita, di restituire una speranza di pace giusta e duratura al tormentato scacchiere mediorientale.
"Ambizione di questo libro è contribuire a una visione d'insieme degli eventi politici ed economici che si sono intrecciati negli ultimi cinquanta anni e che, pur con diverse sembianze, sono sempre finiti per sfociare in crisi economiche. Non si può comprendere la crisi da petrolio del 1974 senza parlare della guerra del Vietnam e delle tensioni in Medio Oriente. Analogamente, la bolla finanziaria globale del 2008 è intimamente legata alle modalità con cui si è entrati in guerra contro il terrorismo internazionale. Non si possono immaginare scenari di economia stabili con politiche internazionali di scontro militare. Evidenziare i legami tra economia e politica, esplicitare la concatenazione degli eventi, tentare di capire dove va il mondo e quali potrebbero essere le prossime crisi globali, se si continua per questa strada, sono gli obiettivi di questo libro. La storia è una variabile che spiega molto degli eventi che viviamo. Purtroppo abbiamo tendenza a dimenticare troppo facilmente quello che è successo, così ripetiamo gli stessi errori convinti di fare cose nuove. Con il rischio che, alla fine, il mondo sprofondi nell'egoismo e nella voglia di nazionalismo che ogni tanto riemerge dalle ceneri dell'intelligenza umana. Anche di questo si parlerà , come un futuro da dimenticare".
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La
cotogna di Istanbul
Ballata per tre uomini e una donna
Di
Paolo Rumiz
Paolo Rumiz scommette sulla forza delle grandi storie e si affida al ritmo del verso, della ballata. Ne esce un romanzo-canzone singolare, fascinoso, avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco. Racconta di Max e Maja, e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell'inverno del '97. Un amico gli presenta la misteriosa Maja Dizdarevic , "occhio tartaro e femori lunghi", austera e selvaggia, splendida e inaccessibile, vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Scatta qualcosa. Un'attrazione potente che però non ha il tempo di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava La gialla cotogna di Istanbul, la canzone d'amore che Maja gli ha cantato. Maja ora è malata, ma l'amore finalmente si accende. Da lì in poi si leva un vento che muove le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Da lì in poi comincia un'avventura che porta Max nei luoghi magici di Maja, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.
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LIFE
IS A DREAM
di Brandino Rangoni Machiavelli Brandino Rangoni
Machiavelli,
a survivor of one of Italy's oldest aristocratic families and descendant of Niccolo' Machiavelli tells his story of riches to rags and of self discovery in this intriguing and touching diary of his many lives.
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DIETRO
LE MIE QUINTE
di Lorenzo Angeloni
Un
incontro, tra due persone reduci da un'esperienza di coppia con
figli, "risveglia" i protagonisti e li espone alle gioie
dell'amore dopo anni difficili
Lorenzo Angeloni è nato a
Perugia nel 1958. Diplomatico e scrittore, ha vissuto in Uruguay,
Germania, Algeria e Sudan, dove è stato Ambasciatore dal 2003 al
2007 stato recentemente nominato Ambasciatore d'Italia in Vietnam. Le
sue precedenti pubblicazioni, di saggistica e narrativa, sono
ispirate a temi trattati nello svolgimento delle sue funzioni, con
particolare attenzione al contrasto, alla guerra e al dialogo tra
civiltà : E adesso che facciamo? Riflessioni sul ruolo dell'Italia
nella prevenzione dei conflitti in Africa, Editori Riuniti, 2002;
Diari dall'Islam. L'Algeria vista da dentro con prefazione di Magdì
Allam, Desiderio & Aspel Editore, 2004; Italiani in Sudan. Le
storie con Guido Sabatinelli, Desiderio & Aspel Editore, 2007; In
Darfur, Campanotto Editore, 2010. Un incontro, tra due persone reduci
da un'esperienza di coppia con figli, "risveglia" i
protagonisti e li espone alle gioie dell'amore dopo anni difficili.
Per entrambi, sembra essere "l'incontro", quello decisivo,
fatale, che rimescola le carte sparigliate dalla vita, magicamente le
rimette al loro posto, restituendo un senso compiuto alle loro
esistenze. Ma un accadimento così prodigioso, smuove le acque di
Giorgio e Michi in profondità facendo affiorare il loro vissuto che
lentamente va a ingombrare il cammino della loro storia. Il passato
finisce col mettere in acuto contrasto il desiderio di lei di fare
famiglia e quello di lui di arrivarci sgombro dalle scorie del suo
precedente e lungo rapporto matrimoniale. Una storia ambientata in
una Roma che appena si intravede dietro le vicende dei protagonisti,
raccontate, grazie anche all'artificio della corrispondenza e dei
monologhi riflessivi di Giorgio, con un'astrazione dai fatti
quotidiani che consente di tenere il focus fisso sulle vicende di un
uomo e una donna dei nostri tempi.
_________________________
Oggi
non si ha più, forse, un'idea appropriata della potenza e della fama
di Genova nel Medioevo, rimedia in parte l'ultima fatica di Alberto
Rosselli sui Balestrieri Liguri che siamo, come sempre, ben lieti di
presentare.
Alberto Rosselli
I Balestrieri
Liguri
Nascita e Tramonto di una Leggendaria Milizia
ed.
Ligurpress
Per
quasi tutto l'Alto e Basso Medioevo e fino alla fine del XVI secolo
la Repubblica di Genova si distinse non soltanto nella tradizionale
pratica dei commerci e in quella finanziaria, ma anche nel settore
militare, navale e terrestre. In più di un'occasione, nel corso
della sua lunga storia, la Superba dovette occuparsi delle tutela dei
suoi possedimenti e fortune attraverso la messa a punto di flotte da
guerra o mediante la creazione e l'arruolamento di milizie destinate
a presidiare il territorio della madrepatria e le sue colonie e
fondaci, ed ebbe anche l'accortezza di fornire in diverse occasioni
ai propri alleati consistenti aliquote di navi e armati. Nella
fattispecie, tra la fine dell'XI e la metà del XV secolo, la
Repubblica, ma anche gruppi di mercenari al seguito di illustri
genovesi in esilio, misero a disposizione di comuni, potentati e
corone straniere diversi contingenti appartenenti ad una speciale
categoria, quella dei balestrieri. Per un lungo periodo, dunque,
questi specialisti e, in particolare la balestra genovese "a
staffa", svolsero un ruolo di primo piano in molte dispute
belliche italiche.
Alberto Rosselli è un giornalista e saggista storico che ha
collaborato e collabora da tempo con diversi quotidiani italiani ed
esteri e con svariati siti internet tematici di storia, etnologia,
storia militare e diplomatica e geopolitica. Come studioso di storia
moderna, contemporanea e militare Rosselli ha al suo attivo alcune
opere di narrativa e diversi saggi tra cui Québec 1759, (tradotto
anche in lingua inglese), Il Tramonto della Mezzaluna - L'Impero
Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in
Europa Orientale 1944-1956, L'Ultima Colonia - la guerra coloniale in
Africa Orientale Tedesca 1914 - 1918; Il Ventennio in Celluloide (in
collaborazione con Bruno Pampaloni); Sulla Turchia e l'Europa;
L'Olocausto armeno; Storie Segrete della Seconda Guerra Mondiale; Il
Movimento panturanico e la 'Grande Turchia' e La persecuzione dei
cattolici nella Spagna repubblicana 1931-1939, La persecuzione dei
cristiani in Cina, La Guerra Civile in Cina 1927-1949 e (di prossima
uscita) La Guerra Civile Greca 1944-1949. Attualmente Alberto
Rosselli è direttore editoriale della rivista bimestrale Storia
Verità
.
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La
nascita di una nuova, vera, rivista è sempre un
avvenimento, a "LA GRANDE GUERRA" i nostri migliori auguri!
Prende
il via dopo, un lavoro di preparazione di diversi mesi, un progetto
editoriale dedicato alla Prima Guerra Mondiale.
Si tratta di
una rivista, intitolata
"La Grande Guerra - storia e
storie della Prima Guerra Mondiale"
, interamente dedicata
alla storia di questo conflitto, realizzata da un gruppo di
appassionati per i tipi delle Edizioni Marvia di Voghera.
Il
progetto nasce dalla constatazione che in Italia, al contrario di
altri paesi, manca una rivista di questo taglio, che andrà ad
affrontare non solo la storia militare, ma anche gli aspetti politici
e sociali del conflitto, con un occhio ai grandi temi ma anche alle
piccole (che poi tanto piccole non sono) vicende personali.
Una
sfida dura, anzi durissima, visto che la schiera dei potenziali
lettori è ferratissima, attenta e preparata: ma la speranza è che i
lettori si trasformino poi in collaboratori.
La rivista parte
come trimestrale, e viene diffusa su abbonamento, nelle fiere e nelle
librerie specializzate, nei classici canali internet.
Gli
articoli del primo numero riguardano argomenti diversi relativi a
fronti diversi, ovviamente con una lieve predominanza del fronte
italiano:
"La Seconda Squadra Speciale navale giapponese nel Mediterraneo"
di Alberto Galazzetti
"La strana guerra del sergente
André Maginot" di F-Xavier Bernard
"Dal diario di
Massimiliano Grendene alpino del Btg. "Vicenza" di Giovanni
Dalle Fusine
"30 maggio - 3 giugno 1916: i Granatieri di
Sardegna nella difesa di Monte Cengio" di Luigi Cortelletti
"1917: i 7 fucilati a San Vito di Leguzzano ora hanno un nome"
di Giovanni Dalle Fusine
"La Landsturm tedesca nella
prima guerra mondiale" di Filippo Lombardi
Poi ci sono le rubriche, anche queste aperte alla collaborazione:
"Brevi dalla Grande Guerra", raccolta di notizie odierne
riguardanti la Prima Guerra Mondiale
"Bibliofilia della
Grande Guerra", recensioni, critiche, nuove e vecchie uscite
librarie, bibliografie, insomma tutto quanto ha a che fare con la
carta stampata sulla Grande Guerra
"Portfolio
fotografico", fotografie particolari, originali, commentate nel
loro contenuto
Oltre agli autori, gli altri collaboratori che hanno permesso la realizzazione del primo numero sono Ilaria Panozzo, Marino Perissinotto, Angelo L. Pirocchi.
La
rivista ha 72 pagine, è rilegata con dorsino, dimensioni 28 x 21, è
quindi lievemente più bassa delle classiche riviste odierne, perché
si spera che diventi un articolo da libreria, qualcosa da riprendere
in mano, da sfogliare e da rileggere come si fa con i buoni, sani,
vecchi libri.
Per ogni informazione:
lagrandeguerra@marvia.it
________________________________________________________________________________________
Ecco
l'ultima fatica di Alberto Rosselli che, come le altre, ci fa
conoscere gli aspetti meno conosciuti delle guerre del XX
secolo:
Alberto Rosselli
LE AQUILE DELLA
MEZZALUNA
L'AVIAZIONE TURCA DURANTE LA PRIMA GUERRA
MONDIALE
Edizioni Chillemi
La storia dell'Aviazione militare ottomana iniziò nel lontano
autunno del 1909, quando una delegazione di piloti francesi venne
invitata ad Istanbul dall'Alto Comando dell'Esercito della Sublime
Porta per dare dimostrazioni circa l'utilità del mezzo aereo in
ambito bellico.
Il 2 dicembre dello stesso anno, il ministro
della Difesa, Mahmut Sevket Pasa, positivamente convinto dalle
argomentazioni degli specialisti transalpini, si rivolse ad un
pioniere dei cieli, il barone belga Pierre de Caters - che il 31
ottobre 1908 aveva percorso in volo 800 metri a bordo di un velivolo
triplano Voisin dotato di un minuscolo motore da 57 cavalli - di
recarsi ad Istanbul per effettuare alcuni voli con il suo fragile, ma
rivoluzionario mezzo.
Monografia
di 48 pagine (copertina a colori, 4 tavole a colori, 60 foto in
b/n)
ISBN 978-88-96522-25-7 12.00
euro
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Presentiamo
un'opera che ci è giunta dalla Spagna e che, a buon diritto, può
essere presa ad esempio di come si dovrebbe fare e studiare la Storia
Militare:
di Gregorio Fernandez Mateu
EL PRIMER
SOLDADO
ESPAŇOL
NACIÃ EN CANNAS
Tecnologia­a, Armamento, Tacticas y
Organizacion.
Il libro è edito a cura del Ministerio de Defensa,
Segretaria­a General Tecnica nella Colecci ³n ADALID ed ha
ricevuto il PREMIO EJERCITO 2007.
La documentazione è ricca e
puntuale, la materia è trattata a partire dall'analisi della Spagna
preromana e tocca tutti gli aspetti di una organizzazione bellica, a
cominciare dalle tecniche di fusione dei metalli e di costruzione
delle armi ed il loro uso sino ad esaminare, con ipotesi interessanti
e, soprattutto, possibili, gli schieramenti e le manovre sui campi di
battaglia. In effetti si è di fronte ad un vero trattato generale
sulle tecniche di guerra antiche, di cui nessuno studio dovrebbe fare
a meno di confrontarsi. Degna di ogni attenzione, poi, è tutta la
collezione (consentiteci di essere un poco invidiosi; ma in Italia?)
il cui catalogo generale si può trovare al seguente indirizzo in
rete. http://www.060/
es
.
_____________________________________________________________
Siamo
lieti di presentare un nuovo gruppo editoriale, l' Editoriale
INTERACTA sa
e
la sua prima edizione:
Il Gruppo Editoriale INTERACTA sa
-che ha sede a Lugano, Via Pretorio, 20 - 6900 - ha dato vita, in
Italia, a due realtà produttive distinte, ma che riassumono
idealmente la filosofia di questa nuova realtà imprenditoriale: la
Gianni Iuculano Editore e la Italian University Press. La prima
società , con sede a Pavia, è impegnata nella pubblicazione e
traduzione di opere di saggistica (scienza della politica,
sociologia, storia diplomatica e militare, storia delle religioni,
geopolitica, glottologia e letteratura di pregio), mentre la seconda
società , con sede a Genova, opera esclusivamente a sostegno delle
istituzioni universitarie, impegnandosi nella stampa, riproduzione e
traduzione plurilingue di testi editi e inediti per conto delle
suddette istituzioni. Entro la fine della primavera del 2009, il
Gruppo INTERACTA sa darà inoltre vita ad una terza società avente
come scopo specifico la distribuzione dei suoi prodotti ed anche
quella per conto terzi: uno sforzo necessario, e riteniamo meritorio,
per consentire a tutte le Case Editrici italiane di piccole e medie
dimensioni di avvalersi di una struttura in grado di diffondere i
propri prodotti a fronte di costi relativamente contenuti. Il Gruppo
INTERACTA sa (che dispone di un qualificato e completo staff tecnico
composto da progettisti, specialisti in editing, correttori di bozze,
grafici, impaginatori e tipografi) si impegna inoltre nella
promozione e nel sostegno delle opere prodotte sia in proprio sia per
conto terzi attraverso un'adeguata pubblicizzazione delle stesse
mediante presentazioni ad hoc, collaborazioni con associazioni
culturali nazionali e straniere, istituti di cultura italiani all'
estero, quotidiani e periodici ed emittenti radiotelevisive. Grazie
ai suoi mezzi e alla competenza dei suoi collaboratori, il Gruppo
Editoriale INTERACTA sa è inoltre in grado di svolgere opera di
consulenza e sostegno tecnico non soltanto agli autori, ma anche a
realtà e imprese pubbliche e private interessate alla pubblicazione
o alla creazione di brochure, libri didattici, raccolte di atti,
raccolte anastatiche, newsletter e periodici, e siti internet e
periodici telematici.
NICOLA AMATO
LA STEGANOGRAFIA
DA ERODOTO A BIN LADEN
La
steganografia è una tecnica elusiva della comunicazione che consente
a due o più individui di comunicare tra loro senza che una terza
persona si avveda del fatto che una qualsiasi comunicazione stia
avvenendo. Oggi la steganografia consente di nascondere all'interno
di fil aue digitali, immagini o suoni che siano, ogni tipo di file o
di messaggio segreto. Perché proprio in questo consiste la tecnica
moderna: si prende un'immagine o un filedio e si estraggono alcune
unità grafiche minime che la compongono, ossia alcuni pixel nel caso
delle immagini digitali, e le si sostituiscono con dei dati, in
genere lettere di testo, che comporranno il messaggio che si vuol far
passare. Dal momento che certe immagini sono composte da milioni di
pixel, la sostituzione di soltanto alcuni di essi non sarà
apprezzabile ad occhio nudo ma, per leggere il messaggio, servirà
uno dei tanti programmi reperibili online. Il risultato è
stupefacente: l'immagine originale e quella in cui è stato iniettato
un altro file contenente un messaggio di testo, messe a confronto,
sono perfettamente identiche, sia in termini di risoluzione grafica
sia per quello che concerne il peso, ossia lo spazio occupato sulla
memoria di massa.
Chi si occupa di ricerche storiche saprà
valutare bene l'importanza di una tecnica di comunicazione cui sono
stati spesso affidati documenti di importanza fondamentale per gli
studiosi.
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Di
Bruno Pampaloni
segnaliamo volentieri l'ultima fatica:
La Storia non è un Film
Parlare di Storia, senza annoiare. Guardare un film, evitando di concedere patenti di verità , sull'onda dell'immagine che rapisce, della bella sceneggiatura, del fascinoso protagonista di turno. Un gioco ad incastro, tra Storia e rappresentazione filmica, un puzzle divertente, quello che ci propone l'Autore, con la sua "rivisitazione" di alcuni film storici ormai diventati classici, "riletti" ben oltre la loro dimensione, parziale, di meri momenti spettacolari, e "riscritti" sulla base della verosimiglianza storica, se non proprio della Verità . La Storia, le storie, in definitiva, per come sono realmente andate. Il tempo della propaganda cinematografica per fortuna è finito. Ci auguriamo siano venuti meno anche i vecchi tabù del determinismo storico, secondo cui il senso della Storia era quello dell'ineluttabile "progresso". In questa direzione l'Autore individua una prospettiva di lavoro nuova ed accattivante, tanto anticonformista. rispetto alla vulgata corrente, quanto rigorosa, perchè attenta ai fatti, tanto innovativa, rispetto alla più tradizionale lettura critica della singola pellicola cinematografica, quanto capace di non subirne la suggestione.
BRUNO PAMPALONI, genovese, giornalista e saggista, collabora da tempo con diversi quotidiani e periodici nazionali, cartacei e on line tra cui Il Foglio, Libero, Libero Mercato, Area, Economy. Per i nostri tipi ha pubblicato, insieme con Alberto Rosselli, il saggio storico Il Ventennio in celluloide (2005). Come scrittore ha al suo attivo Nessun Male (Mondadori 2007) e Li vuoi tutti morti (Fratelli Frilli 2005).
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Con vero piacere presentiamo il libro che Eno Santecchia ha scritto prendendo spunto dai ricordi del padre Nicola:
Così sono trascorsi gli anni migliori
Illustriamo il libro con qualche parola presa dalla presentazione: "La pietas filiale di Santecchia si profila straordinaria, sol che si pensi quante volte quei racconti furono ripetuti da un uomo semplice ed onesto, restituito agli affetti familiari, alla vita isolata dei campi, dopo la tragedia della guerra e della prigionia in paesi remoti e, quindi, dopo un affaccio lacerante sulla grande storia" (Pier Luigi Falaschi); e ancora: "... anche le vicende veicolate dall'oralità ... sono ugualmente importanti per gli avvenimenti dei giorni nostri, perché portano testimonianze vissute e insieme ad esse la ricchezza e le sfumature degli affetti che vi si legano" (Rossano Cicconi).
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presentiamo
di Giuseppe Rufino
Gettysburg
Gettysburg,
la madre di tutte le battaglie della Guerra Civile Americana. Questa
località della Pennsylvania,ancora oggi il parco nazionale più
visitato di tutti gli Stati Uniti,fu teatro di uno scontro sanguinoso
che per tre giorni impegnò duramente l'Armata sudista della Virginia
Settentrionale,al comando di Robert E. Lee,uno dei generali più
famosi della storia e l'Armata nordista del Potomac al comando di
George Meade. Dopo tre giorni i Sudisti ,non riuscendo ad aver
ragione della ostinata resistenza nemica,dovettero ritirarsi sulle
posizioni di partenza. Il tentativo di Lee di invadere il Nord e
distruggere la sua più potente armata era fallito,da quel momento in
poi le fortune della Confederazione avrebbero cominciato
irreversibilmente a declinare fino a condurre alla dissoluzione
quell'organismo politico che per quattro anni aveva cercato con la
forza delle armi di separarsi dagli Stati Uniti. Da quel momento,
Gettysburg sarebbe entrata nella leggenda oltre che nella
storia,sarebbe diventata il punto dell'Alta Marea Confederata,che da
quel momento in poi avrebbe cominciato a rifluire. Indubbiamente la
battaglia in se è stato un evento molto importante,ma non
decisivo,almeno da un punto di vista strettamente militare. D'altro
canto se si accetta la visione della Guerra di Secessione,come prima
guerra moderna,diventa assiomatico che Gettysburg non fu Waterloo e
che per quanto fondamentale possa essere stato il successo conseguito
da Meade e dai suoi uomini,da solo non avrebbe modificato le sorti
del conflitto. La battaglia tuttavia fu sanguinosa e drammatica. I
Sudisti furono quasi sul punto di vincerla,ma si scontrarono con un
nemico deciso,caparbio,risoluto a non cedere neanche un metro di
terreno ,che per molti degli uomini in blu era il giardino di casa.
Tanti furono gli episodi di valore che furono il sale di questa
immane tragedia che è entrata nell'epos americano.
L'autore ha
basato la trattazione della battaglia sopratutto sulle fonti
primarie,senza trascurare ovviamente i numerosissimi testi oggi
disponibili,lasciando che nella maggior parte dei casi fossero i
protagonisti a parlare,a descrivere gli eventi e gli orrori di cui
furono i diretti testimoni,lasciando a noi in eredità la memoria di
un evento che ha cambiato per sempre il corso della Storia.
GETTYSBURG-GIUSEPPE RUFINO-ANNO2008-PAG.197
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Segnaliamo di Giuseppe Rizzo Schettino
La
lotta per il timone del repubblicanesimo risorgimentale iniziò nel
1831 e vide come protagonisti Filippo Buonarroti e il giovane
Mazzini. Soprattutto attraverso il racconto della vita e il pensiero
di Carlo Bianco si può comprendere come essa si sia risolta in
favore del ligure nel febbraio 1833, allorché il fondatore della
Giovine Italia censurò l'autore della Guerra nazionale
d'insurrezione per bande applicata all'Italia in corrispondenza della
pubblicazione del Manuale Pratico del Rivoluzionario Italiano.
Il
genovese non volle assolutamente che le idee di uguaglianza,
dittatura rivoluzionaria unica e terrore comparissero nello scritto,
stampato sotto l'alta egida della sua Società .
Mazzini reagì
per non essere confuso con chi era pronto a piantare l'albero della
libertà o, peggio, a innalzare la ghigliottina.
In proposito ricordiamo che sulle indicazioni del Manuale Pratico del Rivoluzionario Italiano gli insorti palermitani del 1860 costruirono addirittura un cannone!
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Presentiamo l'ultimo lavoro di Angelo Nataloni ed Andrea Soglia che certamente non potrà che destare l'interesse dei nostri soci e dei nostri visitatori.
Castellani
oltre il Piave: il ricordo e la memoria. 175 PAGINE E 180
IMMAGINI (formato 30 cm x 21 cm) Lettere e fotografie inedite di
soldati romagnoli durante la Grande Guerra unite a preziose
testimonianze dal cosiddetto fronte interno. La Grande guerra vista
con gli occhi di chi gli ordini li eseguiva e non li dava.
Da
una recensione apparsa sulla rivista Aquile in Guerra (Nr.
15/2007 - pp 19-20) della Società Storica per la Guerra Bianca: "Il
libro, edito nel 2006, costituisce un'interessante e ben riuscito
esempio di memorialistica minore, ovvero per dirla con le parole di
Mario Rigoni Stern nella prolusione al libro - un esempio di storia
dei minori Un libro quindi che, per il suo interesse e per la sua
completezza, merita di essere conosciuto anche al di fuori della
ristretta cerchia dei castellani, ma che può interessare tutti i
cultori e gli appassionati della Grande Guerra.
Dalla
prolusione di Mario Rigoni Stern:
"Riproporre
documenti e memorie dei cittadini di Castel Bolognese che hanno
partecipato alla Grande Guerra, magari dando loro giovinezza, è
un'azione degna e meritoria.
La storia dei minori non si deve
dimenticare, questo è un dovere anche per i contemporanei e per i
discendenti di quei semplici soldati che nelle trincee, tra il 24
maggio 1915 e il 4 novembre 1918, hanno preso conoscenza della grande
tragedia con forza di sopportazione a fianco di cittadini di ogni
regione e dialetto d'Italia.
Loro non esaltavano la violenza,
il loro eroismo era di sopportare il fango, la sete, i pidocchi, il
sonno. Sia il loro ricordo di rispetto, di amore e i riconoscenza; il
loro sacrificio un invito alla tolleranza, alla chiarezza e
all'onestà "
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Anche se l'argomento non è strettamente di storia militare questo libro di Alberto Rosselli va preso in considerazione da chiunque voglia ricordarsi di quante lotte per la libertà ed i diritti umani si sono combattute, e non solo con le armi.
Essere Cristiani in Cina, Breve storia di una comunità spirituale sempre in bilico tra annientamento e speranza di Alberto Rosselli: * Gianni Iuculano Editore Piazza Petrarca, 28 - 27100 Pavia - * Tel.0382 539830 - Fax.0382 531693 info@iuculanoeditore.it * http://www.iuculanoeditore.it
Sebbene
la Repubblica Popolare Cinese continui a dichiararsi un Paese ateo,
in realtà esso conta al suo interno una popolazione religiosa
costituita da ben 540 milioni di individui (su un totale di 1
miliardo e 300 milioni di abitanti) dei quali, tuttavia, soltanto 300
milioni dichiarerebbero apertamente la propria fede per non incorrere
in discriminazioni da parte dello Stato.
Nonostante l'articolo
n. 36 della Costituzione consenta a tutti i cittadini di esercitare
"libertà di credo", in questo vasto Paese l'essere
professanti costituisce ancora un handicap di non poco conto, un
effettivo status di 'diversità ' che può precludere il beneficio
dei più elementari diritti umani. Una situazione dolorosa e
paradossale se si considera che a partire dagli anni Novanta in Cina
nessuno crede più al mito del comunismo.
E mentre il patrimonio
culturale del socialismo maoista si sgretola di fronte all'epocale
mutazione capitalista di questo immenso Paese, i vertici di Pechino
si trovano a dovere fronteggiare - spesso con la violenza - una
temuta realtà , fino ad appena un decennio fa totalmente
inimmaginabile, cioè la spontanea rinascita tra le masse -
disgustate dalla crescente corruzione delle istituzioni e deluse dal
tradimento degli impossibili ideali di giustizia sociale predicati
per decenni dallo stato materialista - del sentimento religioso.
Quello che oggi reclamano milioni di giovani cinesi, soprattutto
giovani, assetati non soltanto di facile e aleatorio benessere
materiale, ma anche di dignità e autentica giustizia.
Alberto Rosselli, giornalista e saggista storico genovese, ha collaborato e collabora da tempo con diversi quotidiani italiani ed esteri (tra cui Il Giornale, Libero, l'Indipendente e Il Secolo d'Italia, Il Borghese, Maariv-Tel Aviv) e con periodici nazionali (tra cui l'Europeo, Storia del Novecento e Storia Verità , di cui è Direttore editoriale) e con svariati siti internet tematici di storia, etnologia, storia militare e diplomatica e geopolitica italiani, statunitensi, tedeschi e olandesi. Come studioso di storia moderna, contemporanea e militare ha al suo attivo alcune opere di narrativa e diversi saggi tra cui Québec 1759, Il Conflitto anglo- francese in Nord America 1756-1763 (tradotto anche in lingua inglese), Il Tramonto della Mezzaluna - L'Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in Europa Orientale 1944-1956, L' Ultima Colonia - la guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca 1914 - 1918; Il Ventennio in Celluloide (in collaborazione con Bruno Pampaloni); Sulla Turchia e l'Europa; L'Olocausto armeno; Storie Segrete della Seconda Guerra Mondiale; Il Movimento panturanico e la ' Grande Turchia' e La persecuzione dei cattolici nella Spagna repubblicana 1931-1939.
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Presentiamo con piacere e raccomandiamo a tutti i soci l'ultima fatica di Gianandrea Galiani la preparazione del quale ci sembra quasi inutile sottolineare.
Gianandrea Gaiani
IRAQ - AFGHANISTAN - GUERRE DI PACE ITALIANE
Collana:
Secreta Editore: Studio LT2 Formato: 13,5x21 cm Pagine: 260
Illustrazioni e legatura: Brossura cucita ISBN: 978-88-88028-13-2
Prezzo: 18,00 Euro
STUDIO LT2 Dorsoduro, 1213 30123 Venezia T
041 52 32 034 F 041 24 15 371 - studio_lt2@libreriatoletta.it
www.libreriatoletta.it
Esiste
una via italiana alla guerra? Un'analisi
senza pregiudizi né facili moralismi di come le Forze Armate della
Repubblica siano intervenute nei due principali teatri d'operazioni
in cui l'autorità politica le ha inviate, Iraq e
Afghanistan.
L'argomento:
Esiste
un'italian way of war? Un modo tutto italiano di partecipare ai
conflitti negando di fare la guerra?
Schierando le truppe, ma
limitando l'impegno bellico e l'esposizione politica?
Guerre di
pace italiane esamina la partecipazione militare italiana alle guerre
scoppiate dopo l'11 settembre, in particolare Afghanistan e Iraq,
approfondendo i temi operativi, politici e mediatici che
contraddistinguono le ambiguità dell'Italia in guerra e in parte già
emersi durante i conflitti nel Golfo (1991), in Somalia (1993-94) e
in Kosovo (1999).
Nei più importanti teatri bellici l'Italia ha
spesso schierato truppe e mezzi insufficienti che hanno lasciato i
contingenti più esposti alle offensive di milizie e terroristi. In
altri casi sono state messe in campo forze potenti, ma non
autorizzate a combattere. Scelte dettate dall'esigenza di essere al
fianco dei nostri alleati anglo-americani pur senza correre i rischi
politici derivanti da un reale ruolo bellico. Ambiguità che hanno
esposto l'Italia a brutte figure con gli alleati senza riuscire a
risparmiarci i lutti e le conseguenze dei conflitti.
Due
governi, di diverso colore politico, hanno cercato di coprire la
realtà dei combattimenti utilizzando la retorica delle "missioni
di pace" e delle "operazioni umanitarie" complice
anche una censura mediatica senza precedenti in una democrazia. Anche
per questa ragione le vittime militari di attentati terroristici
hanno avuto grande visibilità , mentre i soldati distintisi in
combattimento e decorati per eroismo sono rimasti sconosciuti. Il
libro si sofferma anche sulle difficoltà sociali e politiche,
evidenti in Italia e più in generale in Europa, ad accettare il
concetto stesso di guerra e ad affrontare le perdite che un conflitto
inevitabilmente comporta. Limiti che inesorabilmente condizionano la
politica estera italiana portandoci sempre di più ai margini
dell'Occidente.
L'autore:
Gianandrea
Gaiani è nato nel 1963 a Bologna, dove si è laureato in Storia
Contemporanea. Dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche,
studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra per numerose
testate giornalistiche.
Attualmente scrive sui quotidiani Il
Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, il Corriere del Ticino, i settimanali
Panorama e Gente ed è opinionista del Giornale Radio RAI e Radio
Capital.
Dal gennaio 2000 dirige il web-magazine Analisi Difesa
(www.analisidifesa.it)
Dal
1991 ha realizzato reportage da numerose aree di crisi e ha seguito
sul campo le operazioni militari italiane in Kurdistan, Somalia,
Mozambico, Albania, Croazia, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Afghanistan,
Sinai e Iraq.
Dal 1999 collabora con l'Istituto di Studi
Militari Marittimi di Venezia (ISMM) e ha insegnato all'Istituto
Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI) di Roma.
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Presentiamo l'edizione a stampa del volume di Umberto Maria Milizia e Piero Pastoretto su Le Quinqueremi. Tutto il testo è stato profondamente corretto e riveduto rispetto all'edizione precedente.
Il volume è una attendibile ricostruzione della temibile macchina da guerra che consentì ai Romani la supremazia nel Mediterraneo, sulla base di una attenta e profonda disanima delle fonti letterarie ed archeologiche. Esso fornisce una convincente risposta a tutti i problemi relativi alla forma, tecnica ed impiego della più famosa nave da battaglia dell'antichità , fornendone una proposta di ricostruzione originale ma estremamente realistica.
Volume
di 176 pp. con illustrazioni
ISBN 9788890102233
Prezzo Euro
25,00 IVA inclusa.
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Finalmente un libro serio su di un argomento poco conosciuto e studiato!
Consigliamo di leggere l'interessante introduzione tra gli articoli.
Giovanni Cecini
I SOLDATI EBREI DI MUSSOLINI
I Militari Israeliti nel periodo fascista.
MURSIA EDITORE
"L'antisemitismo non esiste in Italia. Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini, e come soldati si sono battuti coraggiosamente. Essi occupano posti elevati nell'esercito. Tutta una serie sono generali." Benito Mussolini, marzo 1932
Tra
il 1848 e il 1938 la partecipazione dei cittadini di religione
ebraica alle forze armate italiane fu attiva e decisiva sia in pace
sia in guerra. Prendendo parte con valore a tutte le battaglie
risorgimentali e a tutti i conflitti successivi, essi dimostrarono un
forte senso d'identità con i destini della Patria e del regime
fascista.
Durante il Risorgimento il re Carlo Alberto concesse
piena uguaglianza, integrazione ed emancipazione alla minoranza
ebraica. Il patriottismo e il militarismo fecero il resto,
sostituendo l'appartenenza religiosa, creando un'identità nazionale
solida e annullando qualsiasi differenza tra cristiani e israeliti.
La situazione imperturbata si protrasse anche in periodo fascista:
alcuni collaboratori di spicco di Mussolini erano ebrei e il consenso
non manca, come non si esaurì il continuo affluire dei giovani
israeliti in divisa.
Con la guerra di Etiopia, la sterzata
totalitaria e l'avvicinamento alla Germania nazista, la politica
mussoliniana cambiò rotta, verso la progressiva discriminazione e
persecuzione degli ebrei italiani, militari compresi.
Giovanni Cecini, nato a Roma nel 1979, è laureato in Scienze Politiche e in Lettere e Filosofia presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza ". Socio dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e collaboratore dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito autore di articoli e saggi sulle riviste "Unuci ", "Ha Keillah ", "Il Secondo Risorgimento d'Italia ", "Nike - La rivista delle scienze politiche " e "DEP " dell'Università Ca' Foscari di Venezia, tra cui L'occupazione italiana della Provenza (2005), Un intellettuale italiano: "l'Educatore fascista " Giovanni Gentile (2006) e Dall'Impero alla Repubblica. Il Corpo di Spedizione italiano in Anatolia (2007).
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Anche se non sembra di interesse per la Storia Militare segnaliamo (scusandoci per il ritardo) un'opera di Lanfranco Sanna, il Dizionario del Dialetto Comanino, edito a cura di ITALIA NOSTRA, che come tutti i lavori di questo genere, è estremamente utile per una corretta lettura dei documenti del passato la cui lingua differisce dall'attuale non solo nella pronuncia ma anche nel significato dei termini, cosa che ha portato (e porta) spesso ad equivoci interpretativi.
_____________________________________________
Segnaliamo l'uscita in libreria del libro di Luca Vaglica I Prigionieri di Guerra Italiani in URSS tra Propaganda e Rieducazione Politica. "L'Alba", 1943- 1946, "Prospettiva Editrice", Civitavecchia, €12,00.
Si
tratta del risultato di un lavoro durato quasi due anni di ricerche
condotte principalmente presso l'archivio dell'Ufficio Storico dello
Stato Maggiore dell'Esercito (USSME) a Roma, consultando documenti
ancora inediti, Istituti storici della Resistenza, biblioteche e
archivi pubblici e privati, ma soprattutto raccogliendo la
testimonianza diretta e preziosa dei reduci dalla prigionia nei campi
sovietici.
L'idea di affrontare questo tema così delicato è
nata da un'esperienza personale diretta, un prozio appartenuto alla
Brigata Alpina Julia disperso in Russia alla memoria del quale è
dedicato il libro stesso. Il mio ha voluto essere un lavoro non tanto
sulla campagna militare dello CSIR prima e dell'ARMIR in seguito
contro l'Unione Sovietica quanto sulla descrizione della vita
quotidiana nei lager sovietici, concentrando l'attenzione
sull'attività di propaganda e rieducazione politica svolta ai danni
dei nostri soldati e ufficiali.
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Dalla casa editrice Greco Greco Editori riceviamo con piacere questa segnalazione:
Roberto Azzalin
Vittorio
Daverio pilota dell'aviazione coloniale
L'Africa Orientale
nelle lettere e nelle immagini (1937/1939)
L'avventurosa vita del combattente varesino Vittorio Daverio, Caduto il 06/04/1944 durante un agguato teso alla leggendaria Squadriglia Autonoma "Faggioni", in cui il suo aerosilurante SM 79 decollato quello stesso giorno dal "Campo della Promessa" di Lonate Pozzolo per una crociera di trasferimento in zona di operazioni al Campo trampolino di Sant'Egidio, fu abbattuto alle spalle sulla Valdarno da una squadriglia di caccia bombardieri P-47 Thunderbolt statunitensi, avvertiti per tempo del passaggio degli aerosiluranti italiani. I resti mortali del pilota riposano in Pace al Sacrario dei Caduti al Cimitero di Trespiano dopo essere stati raccolti, composti, identificati ed inumati da mani pietose.
Collana: Nargre - Storia. Anno: 2006; Pagine: 158; ISBN: 88-7980-420-0. Prezzo: €10,50
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Di
Andrea Lombardi, Presidente dell'Associazione Culturale e di Storia
Vivente "ITALIA" segnaliamo volentieri:
Andrea
Lombardi
BATTERIE...FUOCO!
Storia,
uomini, uniformi e tattiche delle unità d Artiglieria, Nebelwerfer &
Mortal della Heer 1939-1945
Il testo tratta la storia, l
organizzazione e le tattiche della "Heeresartillerie"
attraverso le schede storiche di tutti i corpi, divisioni, brigate,
reggimenti, reparti e batterie dell artiglieria indipendente dell
esercito tedesco, compresa la Nebeltruppe, i reparti dell artiglieria
costiera, l artiglieria ferroviaria e l artiglieria delle
fortificazioni, oltre ai lanciagranate e ai battaglioni di
mitragliatori. Sono incluse anche le descrizioni e gli elenchi dei
Comandanti d Artiglieria, delle unità d osservazione e di supporto
tecnico, le tattiche impiegate, i simboli tattici, le schede
biografiche dei decorati con la croce di ferro di prima classe, le
caratteristiche tecniche dei pezzi d artiglieria tedeschi e dei loro
traini meccanici. 344 pagine oltre 100 foto e 10 profili in b/n ,
formato 17x24 Lingua: italiana € 32,00
___________________________________________________________________________________
General
E. Raus
a cura di Andrea Lombardi
DA STALINGRADO A
KHARKOV
Il presente studio, scritto per conto dell US Army dal generale Erhard Raus (esperto nell impiego delle unità corazzate), riguarda la tattiche particolari adottate dalla Wehrmacht e dall Armata Rossa in due delle più importanti battaglie svoltesi sul fronte orientale: la battaglia di Stalingrado e la quarta battaglia di Kharkov. L autore analizza nella prima parte le tattiche impiegate dai reparti corazzati della 6.Panzer-Division, da lui comandata, durante l operazione "Wintergewitter" del novembre 1942. Nella seconda parte sono prese in esame le tattiche russe impiegate nei combattimenti sul fiume Donets dell estate 1943 contro il XI Armee-Korps. Lo studio è integrato dal resoconto della fase culminante della quarta battaglia di Kharkov. 198 pagine oltre 50 illustrazioni in b/n , formato 14x21 Lingua: italiana € 20,00
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IMPORTANTE RICONOSCIMENTODELL'UNIVERSITA ' DI VENEZIA CA' FOSCARI ALLO STORICO GENOVESE ALBERTO ROSSELLI:
II saggio Il tramonto della Mezzaluna
l'Impero Ottomano durante la Prima Guerra mondiale,
edito da Rizzoli BUR, è stato inserito tra i tre principali libri di testo dello speciale corso di Storia dell'Impero Ottomano condotto dalla Professoressa MariaPia Pedani, docente della prestigiosa Università Ca" Foscari di Venezia. Il Tramonto della Mezzaluna ripercorre ed analizza le ultime drammatiche fasi di uno dei più singolari e potenti fenomeni statuali islamici: l'ImperoOttomano. Il testo rivisita tutte le fasi e gli avvenimenti, militari, politici e diplomatici, che hanno caratterizzato o fatto da sfondo a uno degli eventi più importanti e densi di conseguenze del XX secolo, evidenziando inoltrel'origine e il peso di un fattore, quello religioso islamico, che all'alba di questo terzo millennio sembra esseretornato a condizionare le relazioni delle numerose comunità un tempo governate, e controllate, dalla SacraPorta ed oggi costrette ad affrontare il problema dell'affermazione della propria identità ed autonomia in uncontesto geopolitico assai frastagliato e sostanzialmente fragile: vedi taluni Paesi mediorientali e caucasici (Irak, Iran, Afghanistan e Cecenia). (da Il Gazzettino di Venezia)
Di Alberto Rosselli ricordiamo ancora:
Alberto Rosselli, genovese, giornalista e saggista storico. collabora da tempo con diverse testate nazionali ed straniere e con siti internet tematici. Come studioso di storia moderna, contemporanea e militare ha al suo attivo diversi saggi tra cui Quebec 1759, lI conflitto anglo-froncese in Nord America 1756-1763, tradotto anche in lingua inglese, e Il Tramonto dello Mezzaluna, Limpero Ottomano nella Prima Guerra Mondiole (2004).
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L'ultima
Colonia
La guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca
1914-1918
Gianni Iuculano Editore, Pavia, 2005.
L'Ultima
Colonia è un saggio storico incentrato su una delle più importanti
e meno note campagne militari della Prima Guerra Mondiale, quella
relativa alla difesa da parte delle forze tedesche, al comando del
leggendario colonnello Paul von Lettow Vorbeck, della colonia del
Tanganika, isolata dalla madrepatria ed attaccata dagli eserciti
britannici, belgi e portoghesi facenti parte dellIntesa.
Il
libro analizza - sia sotto il profilo politico-economico che
diplomatico-militare - i rapporti delle Potenze e dei rispettivi
possedimenti europei alla vigilia e durante la Grande Guerra e tutte
le fasi della campagna dAfrica Orientale che vide il piccolo
contingente del colonnello Vorbeck impegnato in un confronto senza
speranze. (Il testo, corredato da una sezione iconografica contenente
rare immagini e mappe, descrive dettagliatamente le forze in campo e
le tattiche e le strategie adottate. LUltima Colonia (titolo che fa
esplicito riferimento alla difesa dellultimo possedimento dellimpero
coloniale del kaiser) ripercorre, attraverso aneddoti e memorie
tratte dai diari dei protagonisti e dalle relazioni ufficiali depoca,
levolversi della più vasta, lunga ed impegnativa campagna combattuta
da eserciti europei nel cuore di una regione equatoriale,
caratterizzata da un habitat e da condizioni climatiche estremamente
ostili: una contesa che si protrasse per oltre quattro anni con
enormi perdite per entrambi i contendenti e che si concluse soltanto
dopo la fine della guerra in Europa.
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Ecco una serie di verità scomode, ancora oggi, a molti, e non solo all'estero.
La
resistenza antisovietica e anticomunista in Europa orientale 1944 -
1956
EDIZIONI SIGILLO
Quello
della lotta armata contro le dittature facenti capo a Mosca è stato
un fenomeno sostanzialmente negletto, anche perché i regimi marxisti
hanno provveduto con successo ad occultarne e minimizzarne la
portata, attribuendone lorigine non tanto alla oggettiva violenza e
impopolarità del sistema socio-economico comunista, ma alla supposta
matrice reazionaria dei vari movimenti ribelli e alla concomitante
azione destabilizzatrice esercitata su questi ultimi dalle potenze
occidentali interessate a minare lintegrità e la solidità del mondo
socialista. Abbiamo dovuto attendere il definitivo collasso del
sistema sovietico per venire a conoscenza di questi fenomeni che
hanno interessato non solo i Paesi Baltici, lUcraina, la Romania e la
Polonia, ma anche alcuni paesi balcanici come la Iugoslavia e
lAlbania.
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Diretta
da Marco Montagna la Marvia Edizioni presenta una nuova
rivista,
MILITES
dedicata agli appasionati di uniformi ed
armi. La rivista è assai curata, ricca di articoli che vanno oltre
la specificità del collezionismo, approfondendo le ragioni storiche
degli argomenti trattati e di sicuro interesse per tutti i nostri
soci e simpatizzanti.
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Carlo Lagomarsino e Andrea Lombardi
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1.Per
la prima volta in italiano è presentato integralmente il diario di
guerra (Kriegstagebuch) della 14. Armee, impegnata dal gennaio al
maggio del 1944 nel contrasto dello sbarco Alleato ad
Anzio-Nettuno.
Integrano il diario il resoconto dei
combattimenti nella testa di ponte scritto dal Generalfeldmarschall
Albert Kesselring, schede delle Divisioni, dei Gruppi di Artiglieria,
delle unità di Sturmgeschutz e Panzerjager combattenti ad Anzio,
schede biografiche dei Comandanti tedeschi oltre ad ordini di
battaglia e documenti inediti provenienti dai National Archives
(NARA) di Washington.
200 pagine, 20 pagine fuori testo di documenti, alcune foto in b/n, f.to 17x24, ¬ 21,00.
Effepi
Edizioni,
Genova.
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Storia, Uomini, Uniformi e Tattiche della Sturmartillerie 1940-1945
Il
testo comprende la genesi l'organizzazione e le tattiche della
Sturmartillerie, le schede storiche di ogni unità StuG della
Wehrmacht e delle Waffen-SS, gli elenchi dei decorati della
Ritterkreuz, della Deutsche Kreuz in Gold e della Ehrenblattspange,
le schede biografiche degli assi degli Sturmgeschutz, le
caratteristiche tecniche dei cannoni d'assalto tedeschi, delle loro
varianti e dei veicoli di supporto oltre a tavole a colori
illustranti le uniformi, i fregi tattici e 16 profili dei corazzati
delle unità dell'Artiglieria d'assalto.
Incluse più di 360
foto, la maggior parte inedite, di Sturmgesch ¼tz III, Sturmgesch
¼tz IV, Sturmpanzer IV, Jagdpanzer 38 (t), Jagdpanzer IV,
Panzer-Sturmm ¶rser-Tiger e rare foto del Panzer J ¤ger Abteilung
"Feldherrnhalle 1" e di altre unit di Sturmgeschotz
tratte da Album fotografici di veterani
450 pagine, oltre 360
foto in bianco e nero, 8 tavole a colori, 10 disegni al tratto, f.to
17x24, ¬ 34,00.
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Effepi
Edizioni, Genova.
La Prima Guerra
Mondiale sul Fronte Carinziano
di Davide Tonazzi
Ho sempre pensato fosse relativamente facile fare un libro fotografico... é proprio vero che le idee sono fatte per cambiare. Non troverete foto di materiali particolari e combattimenti feroci, ma grandi spazi e venti che respirano tra pini e rocce. Sembra che la montagna, sia indifferente a quei soldati a lei aggrappati, come se la guerra durasse un sospiro. Scene di vita al fronte, in un settore particolare, dove giù a valle c'era casa. L'autore ha fatto un lavoro titanico, individuando esattamente postazioni e vedute. Potreste girare con il libro in mano e percorrendo quei sentieri, vedreste esattamente le stesse cose, immobili nel tempo. 220 pagine per volume, rilegate seriamente. L'unica cosa modesta di questo lavoro è il prezzo. Del primo volume, riguardante il settore Val Saisera in italiano e tedesco é ancora disponibile qualche pezzo, sempre a 26 Euro. Il secondo volume in italiano e inglese, fresco di stampa, tratta del fronte sul gruppo del Raibl. Il prezzo è 28 euro. E' possibile contattare direttamente l'autore per ordinarlo con una E-mail davidetonazzi@virgilio.it
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FRANCO
FORLANI
LA MIA GUERRA
Da Molinella al Don, ai lager
tedeschi
Molinella, 2002
Osservando
la pianura bolognese, là dove il Reno si fa vicino, non è facile
immaginare una penna nera che sbuca dalle nebbie e cammina tra i
filari dei pioppi.
E invece proprio da San Pietro Capofiume,
frazione di Molinella, partì nel 1941 un giovane destinato a vestire
la divisa di ufficiale dellartiglieria alpina.
Stiamo parlando
di Franco Forlani, che dopo lavventura bellica si laureò in Scienze
Agrarie e divenne penna bianca, raggiungendo il grado di Tenente
Colonnello.
E di avventura, irta di rischi e di pericoli, si
trattò davvero!
Superato il duro addestramento della Scuola
Centrale Militare di Alpinismo ad Aosta e della Scuola Allievi
Ufficiali di Complemento a Bra (CN), il giovane Sottotenente fu
assegnato alla 19 a batteria del Gruppo Vicenza (2 Reggimento
Artiglieria Alpina, Divisione Tridentina) ed inviato in Russia con il
suo reparto. Dopo aver partecipato alle azioni belliche del 1942,
Franco Forlani si trovò coinvolto nella tragica ritirata, durante la
quale si prodigò oltre ogni limite per salvare i propri
commilitoni.
Il Capitano Giacomo Veglia , caduto a terra con un
femore fracassato, così scrive : Nessuno si curò di me; solo dopo
qualche istante sopraggiunse di corsa il Sottotenente Forlani&che,
come mi vide, sordo ai miei inviti di salvare se stesso, tornò
indietro per raccogliere un elmetto da mettermi in capo, si pose al
mio fianco facendomi scudo con il suo corpo&attese una slitta,
fermò un mulo spaventato, mi caricò sulla slitta e, messosi alla
briglia del mulo, iniziò una corsa che durò mezzora, portandomi in
salvo. Più tardi, unico ufficiale del Com. Gruppo, seppure stremato,
portò per tredici giorni avanti il reparto, fino alla
salvezza.
Crediamo che le parole del Capitano Veglia non
necessitino di commento.
Un ufficiale valoroso come Forlani,
decorato di Croce di Guerra al Valor Militare, non poteva mancare
agli appuntamenti successivi, e soprattutto a Nikolajewka, ove diede
il suo contributo al vittorioso esito di quella battaglia, rischiando
ancora una volta la propria vita.
Rientrato in Italia, finì al
campo contumaciale di Dobbiaco e, dopo l8 settembre, fu internato in
Germania per aver rifiutato di collaborare con i Tedeschi.
Il
periodo trascorso nei lager nazisti fu terribile, ma Franco Forlani
seppe superare anche quella prova, fedele ai principi di onore e
dignità che sempre lo avevano ispirato e sostenuto.
Giunse poi,
finalmente, lalba più attesa : quella del giorno in cui, assieme
agli altri prigionieri, riassaporò il piacere incomparabile della
libertà , preludio all agognato, anche se difficoltoso, rientro in
Italia, per riabbracciare i suoi cari e rivedere il paese
natale.
Limpido e scorrevole, il libro che Forlani ci ha
regalato a 60 anni dalla sua partenza per la Russia, si legge dun
fiato e ci induce a riflettere sulla testimonianza preziosa di un
autentica penna nera, capace di non dimenticare il sorriso e lironia
anche nelle circostanze più tristi e dolorose.
Quel sorriso e
quellironia che può permettersi solo chi ha la serena coscienza del
dovere compiuto fino in fondo, senza nulla chiedere in cambio
delleroismo concretamente vissuto. Senza retorica e con la semplicità
danimo che solo i grandi uomini riescono a conservare nel
tempo.
MARIO GALLOTTA
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Roberto
ROGGERO,
L'ultimo Fronte Occidentale. Dalla Normandia al Reno.
Milano, Greco & Greco Editori, 2002. pp. 499. Illustrazioni.
Roggero
è un Socio recente della Società di Cultura e Storia Militare:
pubblicista, giornalista e collaboratore di diverse riviste, ha già
a suo attivo numerose pubblicazioni ed articoli.
Il volume fa
parte di una ben più ampia serie di saggi storici dedicati alle
operazioni militari sui Fronti africano, russo ed italiano, che
l'Autore ha già pronti e sono in attesa di pubblicazione.
L'opera
- che parte dal presupposto che, nonostante la mole della
bibliografia accumulata, sulla seconda G.M. ci sia ancora molto da
dire - vuol essere certamente come uno studio oggettivo e documentato
dei fatti accaduti, ma anche una fonte di informazione agile e
fruibile per i lettori meno esperti di questioni militari e storiche.
In questo obiettivo l'Autore è agevolato dal possesso di una prosa
chiara e volutamente aliena da tecnicismi, e dalla sua lunga
esperienza di pubblicista.
Chi volesse prendere contatti
con l'Autore si può rivolgere alla Segretaria della SCSM.
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Andrea ALESSANDRINI
Nei Secoli Fedele& I Carabinieri a Tivoli.
Tivoli, 2001. pp. 104. Illustrazioni
Alessandrini
è un nostro Socio appena di appena diciottenne ma già molto
promettente. In più di due anni di laboriose ricerche condotte
presso l'Archivio Comunale del Comune tiburtino, il Museo Storico e
l'Archivio Storico dell'Arma dei Carabinieri, l'Archivio interno del
Comando Compagnia Carabinieri di Tivoli e quello della Sezione locale
dell'Associazione Nazionale dei Carabinieri (per citare solo le fonti
più importanti), l'Autore è riuscito a condensare, in una prosa
lineare e scorrevole, una panoramica completa della storia locale
dell'Arma. Una panoramica ridotta che però rispecchia, nelle linee
generali e nelle figure dei singoli Militi e dei singoli Ufficiali e
Sottufficiali, la storia nazionale della Forza Armata da sempre posta
alla difesa della legge ed alla sicurezza delle popolazioni.
Il
ricavato del volume sarà devoluto a favore dell'O.N.A.O.M.A.C.,
Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma dei Carabinieri.
Chi
volesse prendere contatti con l'Autore si può rivolgere alla
Segretaria della SCSM.
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Raffaele Pansini
MARTINO E LE STELLE
La sezione bolognese-romagnola dell'Associazione Nazionale Alpini, sottogruppo Alpini di Ferrara "S.Ten. Ivo Simoni", ci segnala il libro del Prof. Raffaele Pansini "Martino e le Stelle" in cui il prof. Pansini, docente emerito di Clinica Medica, rievoca i propri trascorsi militari in tempo di pace ed il tempo di guerra, quando fu ufficiale del Battaglione Vestone in Russia. Data la notorietà del Prof. Pansini e le sue numerose pubblicazioni scientifiche non dubitiamo dell'interesse che può suscitare il libro presso i soci della SCSM. Ci riserviamo una più approfondita recensione non appena possibile. Il libro può essere ordinato presso il Cap. Mario Gallotta, via della Fornace 22, 44100 - Ferrara, e-mail: mariogallotta@libero.it.
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Alberto
Rosselli
The Anglo-French
conflict in North America (1756-1763)
Format:
15x21
Binding: paperback
Page extent: 203
Illustrations:
b&w, maps
ISBN: 88-8163-244-6
List price: US$
20
Italian version
This historical essay has been given a relevance ranking by the Library of Congress in Washington.
The
volume studies the theme of the politcal and military contrast
between England and France in the 18th century, with particular
reference to the phase of the Seven Years' War in which the two
European powers were involved in the struggle for supremacy in the
Nord American continent. The essay describes the progress and
political, economic and social consequence of the long conflict, and
analyses the military and technical aspects of its pohases. This is
one of very texts by an italian author on this subject and focuses on
descriptions of the naval and land tactics and strategies used by the
powers involved in what has been called "the first world war in
history".
Italian journalist and writer, Alberto Rosselli
has taken an interest in modern and contemporary historical and
military themes for many years, and works with some of the best-known
specialist Italian and foreign magazines.
In 1997 he published
the essay "Quebec 1759" about the most important battle of
the Anglo-French conflict in North America (1756-1763). In the past
Rosselli has published several collections of historical stories and
researches and the features of Italian informations methods in the
media sector.
Preface
Chapter
1: 1755-1758: Balance of Power
Chapter 2: The Year of
Change
Chapter 3: The Siege of Quebec
Chapter 4: The
Conquest of Quebec
Chapter 5: Saint Foy: the last, futile French
victory
Chapter 6: The Tactical Role of the Navy in the Seven
Years' War
Chapter 7: Indian Tribes involved in the Anglo-French
war
Chronology
Preface
The battle fought on September 13, 1759, on the Plains of Abraham, at the gates of Quebec, was a momentous one: only the surrender of General Lee at Appomattox Court House in 1865 was to have such a tremendous impact on the history of North America. The victory scored by the French over the British at Sainte Foy seven months later, on April 28, 1760, did nothing to change the situation: Ah! A single warship, and the place would have been ours! said a French officer speaking of Quebec, to whom his English captor answered: You are quite right!. Such words underscore the true cause of the French defeat in the war for Canada: the British had command of the sea, and after the fall of Quebec in 1759 and French failure to retake it through lack of seapower, the empire of New France was doomed. Had Montcalm won the battle and overcome Wolfe, everything would have been different; or rather, had he stayed inside the fortress, waiting for Bougainville and his Indian allies to arrive and strike the vulnerable rear of Wolfes army, events would have taken a different turn& Still, this is merely empty speculation: events developed as they did, and not as they might have done&
The
story of Nouvelle France, which ended dramatically on the Plains of
Abraham, had been an epic, heroic and tragic one. Never, in the
northern part of the continent, had such a vast empire been built;
never had white men collaborated with the Indian nations and flocked
to the Jesuit Missions as in French America. First Cartier, then
Champlain had made the fateful choice of the rock and peninsula of
Quebec as the site of the future capital of New France. Then de
Maisonneuve had founded Montreal in the face of the Iroquois menace
and the Jesuit missionaries had marched into the wilderness,
defying
the primeval forest, the rapids of the mighty rivers, the harsh
climate and the terrible Iroquois, to organise a veritable chain of
missions. This had cost the French colonists, missionaries and
explorers sacrifices and much blood: the internecine struggle between
Indian tribes had put them on a collision course with the fearsome
Iroquois. Settlements had been destroyed and missionaries martyred;
yet in the end French tenacity had triumphed. Now, with the defeat at
Quebec it was all over. The River of Cartier wrote Bernard DeVoto,
was English. Champlain, Frontenac, La Salle, Jolliet, the martyred
Jesuits, Perrot, Duluth, Vérendrye, the shining company of great,
farseeing men moved beyond the sunset into the dark, leaving North
America only a memory of their dream. As Francis Parkman said, The
most momentous and far-reaching question ever brought to issue on
this Continent was: Shall the United States be one nation or two?.
Yet this
was really only one of two great issues on which the
destiny of the continent depended. The heroic story of the French
empire in North America deserved an end worthy of an epic poem: and
such was the Battle of Quebec.
This is why it has always
exercised such fascination on readers, historians and scholars alike
and not only in the New World. That French writers such as Etienne
Salone should be attracted by the epics of Nouvelle Franceis fairly
predictable. Yet Alberto Rosselli is an Italian: and I hear the
inevitable question arise: why should he be interested in the history
of New France?.Rosselli was a very thoughtful and intuitive young
student attending the school of North American history at the
University of Genoa.
When I founded it in the distant academic
year 1964-65, this was the first school in Italy dedicated wholly to
North American studies, starting from the tenuous beginnings of the
colonial era, when Canada was little more than a place on a map and
the United States still lay concealed in the distant future. Much
time was given over in Genoa to the history of the French American
empire; and students of the Genoese school were the first in Italy to
discover the fascinating history of New France. Some of those who
fell under its spell were fortunate enough to receive Canadian
research grants and travel across the Atlantic to study French
Canadian history under such scholars as the late William J. Eccles,
on whom the University of Genoa conferred an honorary degree.A bright
student, Alberto Rosselli started working very early in this field.
His choice of the Battle of Quebec as the subject of his early
research grew from his graduation thesis, which, in
turn,
generated this dense and rich book.In my opinion, it is right that an
Italian scholar should have dedicated himself to such a subject, for
he was and is able to bring to Canadian studies a refreshing
perspective, even a new dimension. Uninvolved in the (sometimes
nasty) quarrels between francophone and anglophone historians, he has
an impartial viewpoint that is not only free from prejudice but also
applies a long historical perspective that allows him to look at
events from a distance perhaps meaning that he can better distinguish
between light and shadow than historians too
closely involved in
local situations and problems. At any rate, this book is a remarkable
contribution to the study of an historical saga that does not cease
to fascinate scholars and general readers alike and it offers a key
to a fuller understanding of the complex problems of modern-day
North-America.
Raimondo
Luraghi
Professor Emeritus in
American History University of Genoa, Italy.